Home I lettori ci scrivono Pensioni no, artificiale intelligenza sì

Pensioni no, artificiale intelligenza sì

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Come poter non dar ragione all’appello del Presidente dell’A.N.I.E.F.? I docenti dovrebbero potere andar in pensione a 62 anni, riconoscendogli il burnout e la gravosità del loro lavoro. La professione insegnante non è certo come le altre.
Nel corso degli anni, è scientificamente provato, vi è un alto rischio di patologie di tipo fisico, ma, soprattutto psicologico per via dell’alto stress collegato all’insegnamento. Il legislatore lo sa bene, ma, al momento (lungo momento) sembra simulare una certa ‘sordità’ e finge di non accorgersi che ‘educare’ è un lavoro (più che un lavoro) assai usurante (solo nella scuola dell’infanzia, almeno lì si è dovuto arrendere all’evidenza e riconoscere la gravosità del compito).

Per il momento, purtroppo, l’unica legge stabile sulle pensioni rimane la ‘tanto decantata’ legge Fornero, anche se ogni anno il Governo cerca di apportare minime ed effimere variazioni (con minimi o nulli risultati).
Allora le ‘implorazioni’ dell’A.N.I.E.F. sembrano restare lettera morta. Ma il danno non finisce qua e la situazione potrebbe peggiorare. I dati pubblicati qualche giorno fa sul Messaggero sono drammatici. Una persona (un docente) nato negli anni ‘70 potrà arrivare alla pensione (col massimo contributivo) a 72/73 anni, una persona di vent’anni dovrà attendere i 75 anni e oltre.

E’ vero, oggi (dicono, grazie al progresso) si è giovani fino a tarda età (o ci si illude), la qualità della vita e la speranza di vita aumentano a dismisura, a 80 anni le persone sono ancora attive e in perfetta forma (un giorno si vivrà fino a 120 anni, ma come?).

Ora, sono senz’altro convinto che miglioramenti sulla qualità della vita e sulla speranza di vita in futuro ci sono stati e ci saranno, ma di quanto? I meravigliosi scenari futuri che ci propinano saranno realtà, utopia desiderio o ‘pubblicità’? Comunque, anche se quanto promettono si dovesse realizzare, magari solo in parte, faccio fatica (e provo una certa compassione) ad immaginare un docente di 75 o magari 80 provare ad insegnare a ragazzini dei quali potrebbe essere loro bisnonno.

Già io stesso, alla mia ‘pesante’ età, mi trovo a disagio, spesso, a capire i giovani e a farmi intendere da loro e mi vedo costretto, non di rado, a dover confrontarmi (nonostante tutti i corsi di aggiornamento, dalla dubbia efficacia – per non dire quasi superflui – con un mondo, una mentalità, un ‘modus vivendi’ del tutto diverso dal mio e che a fatica comprendo o, a volte, non comprendo.

Si arriva così ad una reciproca difficoltà di comunicare e di comprendere. Sfioriamo quasi l’incomunicabilità pirandelliana. Certo questa contorta situazione al limite della incomprensione finora è assai rara. Ma in futuro? Pensiamo però ad un docente di 75/80 che cerca di parlare con un linguaggio ‘antico’ (per quanto abbia cercato in ogni modo di modernizzarlo) a bambini che appartengono a generazioni molto distanti dalla sua e provvisti (pure parlando la stessa lingua) di codici informativo e comunicativi differenti rispetto ai suoi. Lo ascolteranno o no? E lui li capirà o no?. E la gestione della classe? Povero professore! La vista debole, l’udito non perfetto, qualche acciacco dell’età (nonostante i progressi medici), momenti di vuoto mentale.
Come riuscire a svolgere la sua ‘missione’?

Spiegherà, magari in modo poco articolato e chiaro per giovani annoiati e disinteressati, concentrati su tablet, smartphone e altri sofisticati congegni, che li porterà, pur senza seguire, a comprendere ogni argomento previsto dal programma, a svolgere ogni compito e ogni verifica in modo ottimale, all’insaputa dell’‘ingenuo’ professore. Saranno lezioni paradossali basate su un continuo parlare tra giovani coetanei e un autonomo movimento degli alunni (come se fossero da soli), davanti ad un professore ignaro, ingenuo, inconsapevole o allibito da quanto accade, troppo debole e dai riflessi troppo lenti per gestire decorosamente la classe, controllare la situazione e rendersi conto di quanto avviene realmente nell’aula.

Futuro troppo pessimista? Forse. Meno male che, in questo difficile frangente, la tecnologia lo soccorrerà.

Sì, ci penserà l’intelligenza artificiale (piattaforma COURSERA) a insegnare, controllare, sanzionare, verificare e valutare (insomma a sostituire l’intelligenza umana). E i nostri ‘vecchi’ professori ? Stranieri in un mondo sconosciuto, migranti digitali confusi che, per dignità e professionalità, cercheranno comunque, fino all’ultimo respiro di svolgere dignitosamente il loro lavoro.
Ma non sarebbe meglio mandarli (e mandarci) in ‘onorevole’ pensione prima!
Ahimè! Se il vento non cambia, bisognerà per forza di cose organizzarsi e, a tempo debito, costruirsi una valida pensione privata. A meno che (illusione) un raggio di saggezza illumini le stanze del potere e le menti che vi risiedono, anche se, purtroppo, lo Stato, per ragioni in parte oggettive, garantisce ormai sempre meno e la privatizzazione, come l’individualismo, avanzano.

Andrea Ceriani