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Tutor per l’orientamento a parte, a che punto è la didattica orientativa nelle nostre scuole?

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Manca poco alla fatidica campanella che segna l’avvio delle lezioni in questo nuovo anno scolastico, tra qualche giorno migliaia di ragazzini e ragazzine siederanno per la prima volta ai banchi di un liceo, di un istituto tecnico o di un professionale. Altri, tra qualche mese, inizieranno il loro anno accademico in una facoltà universitaria. Insomma, ciascuno e ciascuna di loro avrà compiuto una scelta importante. Ma siamo certi che sarà stata la scelta giusta? A che punto è l’orientamento nelle nostre scuole? Di sicuro a buon punto, diranno alcuni: non esistono già i docenti tutor e orientatore che servono proprio a questo? A supportare le famiglie, accompagnando e guidando gli studenti nel delineare il proprio futuro formativo e professionale? D’accordo, aggiungiamo noi, ma a parte il fatto che queste figure riguardano soltanto gli studenti del triennio delle superiori – vero è che il ministro Valditara ha annunciato che la funzione del docente tutor sarà sperimentata anche alle medie – crediamo che i Collegi dei docenti debbano cominciare a ragionare seriamente sulla questione della didattica orientativa. L’idea non è nuova, se ne parla ormai da tempo, ma non è mai entrata con forza nella metodologia dei singoli docenti e dei Consigli di classe.

Figuratevi che in Italia si discute sulla funzione orientativa della scuola fin dal 1962, quando venne approvata la legge sulla scuola media unica, che all’articolo 1 così recitava: «La scuola media concorre a promuovere la formazione dell’uomo e del cittadino secondo i principi sanciti della Costituzione e favorisce l’orientamento dei giovani ai fini della scelta dell’attività successiva». Purtroppo, per troppi anni, la funzione orientativa della Scuola Media si è limitata a suggerire l’iscrizione al liceo classico per i più bravi, allo scientifico per i bravi in matematica, ai Tecnici e professionali per tutti gli altri.

Per fortuna le cose sono un po’ cambiate, ma ancora oggi molti scelgono un istituto superiore invece che un altro semplicemente perché è vicino casa o per seguire il compagno del cuore.

Ma vediamo come si può, concretamente, declinare l’idea di didattica orientativa nella pratica quotidiana di classe.  Una definizione la troviamo nelle Linee guida per l’Orientamento predisposte dal Ministero dell’Istruzione e del Merito: “l’orientamento è un processo volto a facilitare la conoscenza di sé, del contesto formativo, occupazionale, sociale culturale ed economico di riferimento, delle strategie messe in atto per relazionarsi ed interagire in tali realtà, al fine di favorire la maturazione e lo sviluppo delle competenze necessarie per poter definire o ridefinire autonomamente obiettivi personali e professionali aderenti al contesto, elaborare o rielaborare un progetto di vita e sostenere le scelte relative”.

In buona sostanza, dunque, una didattica orientativa dovrebbe poter favorire l’orientamento dei ragazzi tramite un approccio fortemente legato alla realtà a scapito di un nozionismo fine a sé stesso. La buona riuscita di una didattica di questo tipo passa dai compiti di realtà, attività proposte ai ragazzi che possano avere un riscontro con il mondo in cui vivono, rendendo concrete e applicabili alla realtà le varie discipline studiate a scuola.

I docenti – come sottolinea Universo Scuola – dovranno, dunque, non solo collegare gli argomenti delle proprie discipline a temi fondamentali della nostra contemporaneità ma anche aiutare i ragazzi a sviluppare quel tipo di competenze sociali ed emotive sempre più necessarie per orientarsi in un contesto culturale e professionale fluido, senza barriere nette tra una competenza e l’altra.