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Intelligenza artificiale e personalizzazione della didattica: microsperimentazione ministeriale vs percorsi di ricerca di moltissime scuole

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Rai news e moltissimi altri media riportano oggi (8 settembre) la seguente notizia: il ministro Valditara ha dichiarato, al Forum di Cernobbio, che “siamo uno dei primi Paesi ad avere avviato quest’anno scolastico una sperimentazione nell’utilizzo dell’intelligenza artificiale per la personalizzazione della didattica. Parte in 15 classi, in alcune regioni: Calabria, Lazio, Toscana, Lombardia. Se il modello funzionerà pensiamo di estenderlo ulteriormente proprio perché la personalizzazione della didattica è uno dei must della mia azione di governo in materia di istruzione e credo che l’intelligenza artificiale adeguatamente guidata dal docente possa svolgere un ruolo significativo“.

Onestamente sfugge in cosa consista tale sperimentazione a cui il Ministro fa spessissimo riferimento e quali siano davvero le classi e le scuole coinvolte.
Inoltre nessuno dei media che riporta la notizia evidenzia il fatto che una sperimentazione su un totale di 15 classi è davvero una micro-micro sperimentazione visto che le classi in Italia sono (dati MIM)  364.069.

Sostenere poi di essere di essere uno dei primi Paesi al mondo ad aver avviato sperimentazioni a livello di didattica e intelligenza artificiale (tra l’altro nel solo settore della personalizzazione)  risulta davvero arduo.

Ad esempio il recentissimo rapporto Unesco su competenze e intelligenza artificiale presentato il 5 settembre nel corso della digital learning week  sostiene che entro il 2022 sono stati solo sette i paesi che hanno realizzato quadri (framework) o programmi di IA per docenti e solo 15 paesi (Italia esclusa) hanno inserito l’IA tra gli obiettivi di apprendimento nei programmi di studio nel loro paese (si veda anche il rapporto Unesco K-12 AI curricula: a mapping of government-endorsed AI curricula).

Le molte altre esperienze italiane

In attesa di conoscere quali sono le 15 classi che stanno compiendo la sperimentazione ministeriale, e chi la guida, e con che protocolli di ricerca, segnaliamo che in Italia già nel corso del 2023/24 si sono avviate alcune rilevanti sperimentazioni di utilizzo della intelligenza artificiale in ambito didattico.

Tra le molte ne segnaliamo due

  1. La rete di 54 istituti del Friuli Venezia Giulia (capo fila il liceo Stellini di Udine) che dopo un anno di lavoro con esperti e docenti universitari tra cui Pier Cesare Rivoltella ha pubblicato il documento Costruire il futuro. Linee guida sull’utilizzo dell’I.A. in ambito scolastico che costituisce uno dei migliori esempi di come le scuole autonome siano capaci di fare ricerca (come chiede ad esempio il DPR 275/99);
  2. La Rete Nazionale Licei Scienza dei dati e Intelligenza Artificiale, guidata dal Liceo Michelangelo Buonarroti di Monfalcone che ha costruito uno specifico curricolo e percorso che connette Intelligenza artificiale e competenze liceali (qui la presentazione e l’intervista al dirigente Vincenzo Caico)

A queste si aggiungono le decine di esperienze di ricerca e di formazione presenti su futura e promosse dalle scuole polo per la transizione digitale.
Alcune di queste sono state dedicate alla formazione dei dirigenti invitando gli stessi a operare lungo l’asse della ricerca azione dell’utilizzo della intelligenza artificiale per prototipare e creare servizi figli della applicazione dell’intelligenza artificiale all’are gestionale e organizzativa.

Uno di questi percorsi di ricerca ha condotto alla realizzazione di un volume che raccoglie i position paper elaborati da 22 dirigenti scolastici proprio in ordine all’utilizzo della IA a scuola.

In conclusione non possiamo che ribadire che sarebbe interessante conoscere qualcosa di più in ordine alla ricerca sperimentale più volte citata dal ministro: quali e dove sono le 15 classi (o scuole?), che modello di ricerca si sta realizzando e con che protocollo, quanto durerà la ricerca e la sperimentazione e come sarà fatta la diffusione degli.
Al momento, tuttavia, non è dato conoscere nulla al riguardo.
Peccato. Magari le molte altre ricerche in atto nella scuola italiana potrebbero giovarsi del confronto con il lavoro del Ministero.
Sarà per un’altra volta?