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Gli italiani non sanno l’italiano e il congiuntivo, Tajani rimpiange i maestri del dopoguerra. Riccardi (Danti Alighieri) rincara: dagli alunni prove impietose

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“Fatta l’Italia, bisogna fare gli italiani”: le parole di Massimo D’Azeglio, pronunciate nel 1861, all’indomani dell’unità d’Italia per incitare tutti a una coesione reale, non solo geografica e politica, potrebbero essere oggi parafrasate per invitare tanti cittadini a governare meglio la nostra lingua. Sul concetto si è soffermato il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, nel corso dell’incontro ‘L’Italia e l’italiano nel mondo’, svolto a palazzo Firenze, a Roma, in occasione dell’84esimo congresso internazionale della Società Dante Alighieri.

“Se vogliamo diffondere la lingua italiana nel mondo la lingua dovremmo per primi impararla noi – ha detto il leader di Forza Italia, sottolineando di essere “fiero di essere socio” della Società Dante Alighieri – , io ricordo quanti sacrifici ho fatto per scrivere, imparare a parlare bene la lingua italiana. Oggi purtroppo anche nelle scuole la lingua italiana mi sembra un po’ bistrattata. Non è insegnata come si dovrebbe”.

Secondo Tajani, addirittura “rischia di scomparire l’uso del congiuntivo”. Quindi, ha detto di ricevere “lettere anche da persone che hanno avuto incarichi importanti” con errori. E la mancata padronanza dell’italiano “impoverisce il nostro modello culturale e la nostra possibilità di diffondere la lingua italiana”.

“Come presidente del Parlamento quando presiedevo io parlavo sempre e solo in italiano – ha proseguito – perché è una lingua ufficiale dell’Unione Europea“.

Tajani ha quindi annunciato la volontà di volere “organizzare la giornata dell’italofonia” e invitare i Paesi in cui si parla la nostra lingua, come “San Marino, Città del Vaticano, Svizzera, Malta, alcuni Paesi dell’Africa del Nord, naturalmente l’Argentina, il Brasile, Stati Uniti”, tra gli altri. “Vorrei far presiedere la mia amica Roberta Metsola che parla correntemente l’italiano pur essendo maltese – ha proseguito – e vorrei che la Dante Alighieri ci desse una mano”.

A prendere la parola è stato anche Andrea Riccardi, presidente della Società Dante Alighieri. Anche da parte sua sono state utilizzate parole forti: le prove svolte a scuola dai nostri studenti, ha detto, “sono impietose: sono stato professore universitario per tanti anni e so come arrivavano all’università“, ha tenuto a dire Riccardi a margine dell’incontro.

“L’Italia del dopoguerra – ha aggiunto il Ministro – ha vissuto una grande crescita di alfabetizzazione, poi la scuola ha conosciuto una crisi io penso per esempio che il ruolo del maestro sia fondamentale. Deve essere riconosciuto socialmente e anche economicamente”.

Il lavoro dei maestri è decisivo perché quegli anni, come gli studi ormai ci mostrano, sono decisivi per l’apprendimento della lingua – ha concluso – questo è un impoverimento del nostro Paese contro cui noi dobbiamo lottare”.

Per lo stesso evento, la mattina era stato svolta anche una cerimonia al Quirinale: moderata da Monica Maggioni, era stata aperta dall’intervento dello stesso Riccardi.

Alla Cerimonia del 13 settembre, ha riportato l’Ansa, hanno preso la parola anche Edith Bruck, Giulio Ferroni e Susanna Tamaro. Al termine, l’attore Massimiliano Finazzer Flory ha letto un brano tratto dalla relazione “Dell’unità della lingua e dei mezzi di diffonderla” di Alessandro Manzoni.

La cerimonia si è conclusa con il saluto del capo dello Stato. Presenti anche il ministro della Cultura, Alessandro Giuli; il segretario generale della Dante Alighieri Alessandro Masi e i partecipanti al Congresso internazionale, in programma a Roma dal 12 al 14 settembre.