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Troppi stranieri in classe, 12 famiglie cambiano scuola ai figli: “Restano indietro”. La replica: “È razzismo”

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Troppi stranieri in classe, gli italiani non ci stanno e cambiano scuola: questo quanto accaduto in un istituto comprensivo laziale, secondo quanto ricostruiscono i principali media come La Repubblica.

La polemica

“Mio figlio in questa classe non ci resta, con tutti questi stranieri che non parlano neppure italiano finirà per non imparare niente”. “Non ci resta neppure il mio”. Appena quattro giorni dall’inizio delle lezioni, i genitori di 12 alunni di prima elementare di nazionalità italiana hanno preso la drastica decisione.

Le famiglie non hanno accettato quella classe fosse composta per oltre il 50% (14-16 alunni) da bambini di nazionalità indiana, pakistana e albanese. “Questo è razzismo”, hanno denunciato le famiglie di nazionalità indiana. “Restano indietro, non possono portare avanti il programma con tutti quegli alunni che non parlano neppure italiano”, questa una delle motivazioni citata dalle famiglie.

Il quadro della situazione

Il sindaco, come riporta Il Messaggero, ha detto: “Li conosco tutti, sono convinto che si potrà trovare una soluzione”. In realtà la vicenda è cominciata mesi fa e in un’altra scuola di una frazione delle campagne. “Abbiamo speso 500 mila euro per sistemarla – ha raccontato – e dare a chi vive lì una scuola di prim’ordine”.

Solo che al momento delle iscrizioni, molte, moltissime famiglie indiane, hanno scelto un’altra scuola, quella del centro. Gli iscritti indiani sono risultati così molti più del previsto e quando si è trovata a fare le classi, la dirigente scolastica ha fatto quello che ha potuto.

Ius Scholae, è ancora una possibilità?

Si tratta di una decisione che sicuramente farà discutere, dopo che per tutto il mese di agosto si è parlato di Ius Scholae, della possibilità di dare la cittadinanza italiana ai cittadini stranieri che abbiano frequentato un certo numero di anni di scuola.

A rilanciare l’idea è stato il ministro degli Esteri Antonio Tajani, anche se gli altri esponenti della maggioranza non sono assolutamente d’accordo.