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Permessi e ferie del personale docente: normativa e conflitti, non tutto è come sembra

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Alcuni istituti contrattuali, come quello dei permessi e delle ferie del personale docente, sembrano non presentare alcun dubbio circa le modalità ed i limiti di fruizione, tuttavia l’insorgenza di conflitti tra dirigenti scolastici e docenti, che sfociano spesso in contenziosi giudiziari, porta a pensare che non tutto sia così chiaro come sembra.

Le disposizioni contrattuali

Partendo dal dato normativo, il CCNL Scuola 2006-2009, nelle sue parti ancora in vigore, all’art. 15 comma 2, in tema di “permessi retribuiti”, recita: “Il dipendente, inoltre, ha diritto, a domanda, nell’anno scolastico, a tre giorni di permesso retribuito per motivi personali o familiari documentati anche mediante autocertificazione. Per gli stessi motivi e con le stesse modalità, sono fruiti i sei giorni di ferie durante i periodi di attività didattica di cui all’art. 13, comma 9, prescindendo dalle condizioni previste in tale norma”.

A sua volta, in tema di “ferie”, l’art. 13 comma 9 dispone: “Le ferie devono essere fruite dal personale docente durante i periodi di sospensione delle attività didattiche; durante la rimanente parte dell’anno, la fruizione delle ferie è consentita al personale docente per un periodo non superiore a sei giornate lavorative. Per il personale docente la fruibilità dei predetti sei giorni è subordinata alla possibilità di sostituire il personale che se ne avvale con altro personale in servizio nella stessa sede e, comunque, alla condizione che non vengano a determinarsi oneri aggiuntivi anche per l’eventuale corresponsione di compensi per ore eccedenti, salvo quanto previsto dall’art. 15, comma 2”.

Come detto, le predette previsioni contrattuali pur non sembrando – a prima vista – presentare particolari dubbi interpretativi, in sede di applicazione pratica hanno spesso determinato l’insorgere di contenzioso tra i docenti che, forti del tenore letterale della norma, spesso si limitano a formulare generiche richieste di permessi per motivi personali, e dirigenti che, in alcuni casi con poca elasticità ed in altri per una scrupolosa applicazione delle norme, richiedono giustificazioni più dettagliate o, in certi casi negano le richieste di permessi/ferie per ragioni organizzative.

A ben vedere, anche la giurisprudenza ha in diverse occasioni offerto letture divergenti delle predette disposizioni contrattuali.

Il punto critico

Il punto critico, come emerge dall’esame delle pronunce dei giudici del lavoro, è rappresentato dalla possibilità dei docenti di fruire, oltre ai 3 giorni di permesso (“Il dipendente, inoltre, ha diritto, a domanda, nell’anno scolastico, a tre giorni di permesso retribuito per motivi personali o familiari documentati anche mediante autocertificazione”), anche di sei giorni di ferie durante i periodi di normale attività didattica (“durante la rimanente parte dell’anno, la fruizione delle ferie è consentita al personale docente per un periodo non superiore a sei giornate lavorative”).

Se da un lato, infatti, la possibilità di fruire dei 3 giorni di permesso è sostanzialmente incondizionata, in quanto legata soltanto alla domanda motivata da ragioni personali o familiari documentabili anche mediante autocertificazione, quanto ai sei giorni di ferie fruibili durante l’anno, questa possibilità è subordinata alla possibilità di sostituire il personale che se ne avvale con altro personale in servizio nella stessa sede e, comunque, alla condizione che non vengano a determinarsi oneri aggiuntivi.

La lettura combinata delle due ipotesi, ossia la fruizione dei tre giorni di permesso nonché degli ulteriori sei giorni a titolo di ferie, come detto, ha destato qualche dubbio interpretativo non solo tra gli operatori della scuola, dirigenti e docenti, ma anche nella giurisprudenza del lavoro.

Un primo orientamento della giurisprudenza

Infatti, per una parte della giurisprudenza il dipendente ha diritto di utilizzare sino a sei giorni delle proprie ferie trasformandole in un’altra tipologia di assenza (cioè permessi), qualora sussistano ragioni personali o familiari, con fruizione “a scalare” sulle ferie, ed i limiti alla fruizione delle ferie fissati dalla legge di stabilità per il 2013 (art. 1, comma 54, della legge n. 228 del 2012, secondo cui il personale docente fruisce delle ferie nei giorni di sospensione delle lezioni, con possibilità di consentire la fruizione per un periodo non superiore a sei giornate lavorative di ferie durante la rimanente parte dell’anno, subordinatamente alla possibilità di sostituire il personale che se ne avvale senza che vengano a determinarsi oneri aggiuntivi per la finanza pubblica) si applicano solo alle ferie vere e proprie e non al giorno di ferie goduto come permesso (in questi termini si è espresso tra gli altri il Tribunale di Foggia, sentenza 10 giugno 2021).

Secondo questo orientamento, in base alle previsioni del contratto collettivo, nel corso dell’anno scolastico (ossia quando non c’è sospensione delle attività didattiche) il docente ha diritto di godere “a domanda” e “per motivi personali e familiari” (che possono essere attestati anche tramite autocertificazione), oltre che di tre giorni di permesso retribuito, anche di sei giorni di ferie, la cui fruizione può avvenire per “gli stessi motivi e con le stesse modalità” dei permessi e tale diritto è da considerarsi “assoluto”, nel senso che non è subordinato alla verifica che sia possibile la sostituzione del personale assente e che, per tale situazione, vengano a verificarsi oneri aggiuntivi.

Ciò, in sostanza, starebbe a significare che il personale docente ha diritto, a domanda, alla fruizione dei tre giorni di permesso retribuito per motivi personali e familiari, documentati anche a mezzo di autocertificazione, nonché alla fruizione degli ulteriori sei giorni, sempre a titolo di permesso retribuito per gli stessi motivi personali e familiari, i quali, una volta richiesti a tale titolo, non costituiscono più giorni di ferie ma giorni di permesso, e in quanto tali, pur sottratti al monte complessivo delle ferie fruibili annualmente da parte del personale docente, sono soggetti al regime giuridico dei permessi retribuiti e dunque non soggiacciono alle condizioni previste per il godimento delle ferie.

Secondo una parte della giurisprudenza quindi, se i sei giorni di ferie sono dal personale docente richiesti come “motivi personali e familiari”, producendo la documentazione necessaria anche mediante autocertificazione (così come avviene per i primi tre giorni espressamente previsti come permessi retribuiti), tali giorni non solo devono essere attribuiti, e quindi sono sottratti alla discrezionalità del Dirigente Scolastico, ma il personale richiedente il permesso non ha l’obbligo né di reperire docenti in servizio in sostituzione, né di accettarsi che per la sua sostituzione “non vengano a determinarsi oneri aggiuntivi anche per l’eventuale corresponsione di compensi per ore eccedenti”.

La legge di stabilità del 2013

In questa ipotesi non sarebbe applicabile la disciplina introdotta dalla legge di stabilità del 2013 in tema di fruizione delle ferie (“Durante la rimanente parte dell’anno la fruizione delle ferie è consentita per un periodo non superiore a sei giornate lavorative subordinatamente alla possibilità di sostituire il personale che se ne avvale senza che vengano a determinarsi oneri aggiuntivi per la finanza pubblica”), in quanto disciplinerebbe solo l’istituto delle ferie, non incidendo sul diverso istituto dei permessi retribuiti per motivi personali e familiari di cui all’art. 15 del CCNL.

Ne consegue che la fruizione, incondizionata, anche dei sei giorni di ferie a titolo di permesso retribuito per motivi personali e familiari se documentati anche mediante autocertificazione, dovrebbe ritenersi un diritto del personale docente ancora sussistente, sottratto alla discrezionalità del Dirigente scolastico, il quale non potrebbe opporre diniego nemmeno se motivato da esigenze organizzative dell’attività didattica, né potrebbe operare una valutazione delle motivazioni addotte dal docente richiedente, potendo esclusivamente effettuare un controllo di tipo formale (in questi termini si sono pronunciati tra gli altri il Tribunale di Cuneo con sentenza 28.01.2020, il Tribunale di Avellino con sentenza del 6.11.2018, il Tribunale di Velletri con sentenza del 5.03.2019 ed il Tribunale Milano con sentenza del 8.10.2019).

In linea con questo primo orientamento, il Tribunale di Genova (sentenza 28.07.2023) ha a sua volta evidenziato che il personale docente, durante l’anno scolastico, può usufruire di 3 giorni di permessi “ordinari” nonché di ulteriori 6 giorni di “ferie-permessi”, ossia giorni di ferie da utilizzare come fossero dei veri e propri permessi e che, proprio perché utilizzati in vece dei permessi tout court, le “ferie-permessi” soggiacciono alla stessa normativa dettata per i permessi “ordinari”. Infatti, l’ultimo periodo del comma 9 dell’art. 13 del CCNL fa salvo quanto prescritto dall’art. 15 comma 2, ai cui sensi gli ulteriori 6 giorni da utilizzare come permessi possono essere richiesti per le stesse motivazioni e con le stesse modalità dei permessi “ordinari” e per essi si prescinde dalle prescrizioni e condizioni relative alla fruizione delle ferie. In altre parole non si applicano alle “ferie-permessi” le condizioni previste per il godimento delle ferie tout court.

Secondo il Tribunale di Genova i giorni di “ferie-permessi” sarebbero quindi sottratti alla discrezionalità del Dirigente Scolastico in ordine alla loro concessione (il D.S. potrebbe esercitare solo un controllo formale), trattandosi quindi di un diritto soggettivo e verrebbero autorizzati a semplice domanda.

Peraltro, sempre secondo il Giudice del lavoro di Genova, anche a voler ritenere che la Legge di Stabilità 2013 abbia innovato anche l’istituto delle ferie da utilizzare come permessi, in materia è successivamente intervenuta la riforma Madia (D.lgs. 75/2017 art. 1 lettera, b) che ha riconsegnato alla contrattazione collettiva la possibilità di derogare alle prescrizioni di legge vigenti nelle materie ad essa affidate, e poiché la disciplina delle ferie e dei permessi è materia affidata alla contrattazione collettiva, questa ben può derogare alle prescrizioni di legge e, dunque, potrebbe ancora dirsi applicabile al caso in esame, quanto prescritto dagli articoli 15, comma 2 e 13, comma 9 del CCNL 2007, anche alla luce della previsione di cui all’art. 10 del CCNL Scuola 19 aprile 2018, secondo cui: “Per quanto non espressamente previsto dal presente CCNL, continuano a trovare applicazione le disposizioni contrattuali dei CCNL dei precedenti comparti di contrattazione e le specifiche norme di settore, in quanto compatibili con le suddette disposizioni e con le norme legislative, nei limiti del d. lgs. n. 165/2001”.

La tesi della Corte di Appello di Bari

Tuttavia, secondo un diverso orientamento, la legge di stabilità per il 2013 – che non sarebbe superata sul punto dalla riforma Madia – detterebbe disposizioni specifiche che consentono di ritenere superato il meccanismo di fruizione – nel periodo di svolgimento delle attività didattiche – delle ferie “convertibili” in permessi disciplinato dal contratto collettivo.

Se da un lato la legge di stabilità per il 2013 dispone che “Il personale docente .. fruisce delle ferie nei giorni di sospensione delle lezioni definiti dai calendari scolastici regionali … Durante la rimanente parte dell’anno la fruizione delle ferie è consentita per un periodo non superiore a sei giornate lavorative subordinatamente alla possibilità di sostituire il personale che se ne avvale senza che vengano a determinarsi oneri aggiuntivi per la finanza pubblica”, dall’altro prevede che dette disposizioni “non possono essere derogate dai contratti collettivi di lavoro. Le clausole contrattuali contrastanti sono disapplicate dal 1° settembre 2013”.

Secondo una recente sentenza della Corte di Appello di Bari (sent. 23.01.2023) tra le “clausole contrastanti” suscettibili di disapplicazione rientrerebbe indubbiamente quella contenuta nell’art. 13, comma 9, del C.C.N.L. che consentiva al dipendente, per motivi familiari e personali documentati anche mediante una semplice autocertificazione, di usufruire (oltre che di tre giorni di permesso) fino a sei giorni di ferie nel corso dell’anno scolastico, prescindendo dalle condizioni previste dall’art. 15 dello stesso contratto, ossia indipendentemente dalla possibilità di sostituzione del docente e senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica.

A parere della Corte di Appello di Bari, quindi, la legge di stabilità per il 2013 non consentirebbe più la distinzione tra ferie per motivi personali e/o familiari e ferie in senso stretto ai fini della fruizione delle stesse durante il periodo dedicato alle attività didattiche, ma subordinerebbe in ogni caso la fruizione delle ferie durante il periodo delle lezioni, degli scrutini, degli esami di Stato e delle attività valutative, alla condizione che sia possibile sostituire il personale che se ne avvale e comunque senza che vengano a determinarsi oneri aggiuntivi per la finanza pubblica.

Un ragionamento in parte diverso

Un ragionamento in parte diverso ha invece seguito la Corte di Appello di Caltanissetta con la sentenza del 13.12.2023, secondo la quale la disciplina introdotta dalla legge di stabilità del 2013 sarebbe stata già effettivamente riportata dal CCNL (art. 13 comma 9), statuendosi il principio, non derogabile, secondo cui le ferie ordinarie (32 giorni) devono essere di regola fruite dal personale docente durante i periodi di sospensione delle attività didattiche, fatta eccezione per un massimo di sei giorni (dei 32) che possono essere goduti durante la rimanente parte dell’anno, sempre che esista la possibilità di sostituire il personale che se ne avvale con altro personale in servizio nella stessa sede e, comunque, alla condizione che non vengano a determinarsi oneri aggiuntivi anche per l’eventuale corresponsione di compensi per ore eccedenti.

Nello stabilire il principio di massima del godimento delle ferie al di fuori dei periodi in cui è previsto lo svolgimento di attività didattica, la normativa introdurrebbe quindi un elemento di flessibilità, prevedendo la possibilità che alcune ferie possano essere godute anche in costanza di attività didattica, sempre con i limiti visti, spettando al dirigente il compito di verificare la possibilità della loro concessione caso per caso, ricorrendone le condizioni di legge.

Con la specificazione che, verificata positivamente la ricorrenza di queste ultime, quello di godere delle ferie richieste anche in periodo di svolgimento di attività didattica si configura comunque come diritto soggettivo perfetto del lavoratore, non godendo in merito il dirigente scolastico di ulteriori ambiti di valutazione discrezionale.

Differente sarebbe invece la regolamentazione dell’istituto dei permessi retribuiti previsti dall’art. 15 del CCNL – che rispondono alla diversa esigenza di consentire ai docenti di godere di ulteriori periodi di astensione dal lavoro per fare fronte a particolari esigenze di carattere familiare o personale che dovessero presentarsi nel corso dell’anno scolastico – il cui godimento non è ancorato al ricorso delle condizioni previste dalla legge per la fruizione delle ferie ma solo all’obbligo della domanda, documentata anche a mezzo di autocertificazione.

Si tratterebbe in quest’ultimo caso, di un diritto a semplice domanda che non richiede altro ai fini della sua maturazione se non la presentazione dei una istanza corredata da documentazione che dimostra la ricorrenza dei motivi giustificativi, che possono anche essere autocertificati.

I “motivi personali o familiari” consentono quindi il godimento di tre giorni di permesso retribuito o, esauriti questi, di sei giorni di ferie, sempre con la medesima regolamentazione dei permessi, ossia a mera domanda anche autocertificata, ma con scomputo, trattandosi di ferie, dai 32 giorni di ferie complessivamente previsti.

Ne deriverebbe, secondo la Corte di Appello di Caltanissetta, che, se il massimo dei 6 giorni di ferie previsti sono richiesti quali ferie ordinarie – da godere cioè al di fuori di specifiche ragioni di carattere personale e familiare documentate o autocertificate – in periodo di didattica in corso, le stesse dovranno essere concesse dal dirigente ove ne ricorrano i presupposti di legge e di contratto collettivo (possibilità di sostituzione del dipendente e assenza di oneri aggiuntivi per l’amministrazione).

Invece, secondo questa tesi, qualora i sei giorni fossero richiesti come “motivi personali e familiari”, quindi producendo la documentazione necessaria anche mediante autocertificazione, così come avviene per i primi 3 giorni di permesso retribuito, essi non solo dovrebbero essere attribuiti a domanda, e quindi sottratti alle valutazioni del dirigente, ma il personale richiedente non avrebbe neanche l’obbligo di accettarsi che per la sua sostituzione “non vengano a determinarsi oneri aggiuntivi anche per l’eventuale corresponsione di compensi per ore eccedenti”.

Sarebbe quindi la motivazione (motivi personali e familiari), a dire della Corte nissena, a determinare il trattamento di questi sei giorni di ferie alla stessa stregua dei tre giorni di permesso, ferma restando la loro detrazione dal monte ferie (di 32 giorni) spettante.

Il Tribunale di Velletri “sposa” la tesi della Corte di Appello di Bari

Più recentemente il Tribunale di Velletri (sentenza 19.07.2024) ha ricordato come con parere del 2.02.2011 l’Aran aveva già chiarito che “…l’art. 15, comma 2, primo periodo, esplicita chiaramente che il diritto ai tre giorni di permesso per motivi personali e o familiari (norma comune per il personale docente ed ATA) è subordinato ad una richiesta (…a domanda) del dipendente documentata “anche mediante autocertificazione”. Pertanto, considerata la previsione contrattuale generica di “motivi personali e o familiari” e la possibilità̀ che la richiesta di fruizione possa essere supportata anche da mera “autocertificazione”, l’Agenzia esclude l’esercizio del potere discrezionale del Dirigente Scolastico il quale, nell’ambito della propria fruizione è preposto al corretto ed efficace funzionamento dell’istituzione scolastica nonché́ alla gestione organizzativa della stessa. Inoltre, va considerato che non è prevista dal Contratto la valutazione o la discrezionalità del Dirigente sulle motivazioni addotte dal richiedente il permesso, e che né il Contratto (né altra norma di legge) contiene una elencazione esplicativa e dettagliata di quali siano i motivi personali e o familiari per cui è possibile fruire dei permessi.

Non vi sarebbe dunque nessuna discrezionalità̀ del Dirigente nella concessione del permesso, in quanto egli non ha il potere di valutare l’apprezzabilità o la validità dei motivi per i quali il dipendente chiede di fruirne, spettando comunque al Dirigente di esercitare solo un controllo di tipo meramente formale.

L’art. 15, dunque, attribuisce al dipendente a tempo indeterminato il diritto ad un permesso retribuito in alcuni casi specifici e per numero di giorni limitati. Per gli stessi motivi e con le stesse modalità sono fruibili i sei giorni di ferie durante i periodi di attività didattica di cui all’art. 13, comma 9, prescindendo dalle condizioni previste in tale norma.

Il Tribunale di Velletri ha evidenziato che mettendo in correlazione le citate disposizioni pattizie, secondo taluni Tribunali, si perviene alla conclusione che al personale docente spettano, per motivi familiari o personali documentati, tre giorni di permesso retribuito e per gli stessi motivi, sei giorni di ferie durante il periodo di attività didattica.

In altre parole, secondo detta giurisprudenza di merito, se i 6 giorni di ferie in periodo di attività didattica sono chiesti per motivi personali o familiari documentati (anche a mezzo autocertificazione), l’autorizzazione alle ferie non è neppure subordinata alla possibilità di sostituire il personale che se ne avvale con altro personale in servizio nella stessa sede o, comunque, alla condizione che non vengano a determinarsi costi aggiuntivi per l’Amministrazione Scolastica.

Secondo altra giurisprudenza (Corte d’Appello di Bari citata), orientamento cui aderisce il Giudice di Velletri, così ragionando i 6 giorni di ferie verrebbero, di fatto, ad aggiungersi ai 3 giorni di permesso, conclusione di per sé illogica, per cui con riferimento ai 6 giorni di ferie, dovrebbe comunque applicarsi quanto previsto dalla legge di Stabilità 2013, con la conseguenza che sarebbero usufruibili “subordinatamente alla possibilità di sostituire il personale che se ne avvale senza che vengano a determinarsi oneri aggiuntivi per la finanza pubblica”.

In sintesi, a parere del Tribunale di Velletri, se un docente di ruolo decide di fruire dei tre giorni di permesso per motivi familiari e/o personali non deve attendere l’autorizzazione del Dirigente Scolastico che deve solo controllare la correttezza formale della richiesta. Se ha già fruito dei tre giorni di permessi retribuiti, può decidere di fruire anche di sei giorni di ferie durante le attività didattiche con le stesse modalità dell’art. 15 comma 2, ed anche in tal ipotesi il Dirigente Scolastico non può non accogliere l’istanza, fatta salva la possibilità di avere personale in servizio disponibile, e comunque di non dovere affrontare oneri aggiuntivi di spesa, posto che l’istituto che viene in rilievo è pur sempre quello delle ferie.

Il tema farà ancora discutere

Come si è potuto intuire dalla breve rassegna di giurisprudenza, la questione non è così chiara come potrebbe a prima vista sembrare, e certamente farà ancora discutere gli addetti ai lavori.