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Scuola dell’autonomia e uso arbitrario delle risorse: quando la flessibilità può diventare un rischio per il liceo classico

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Riceviamo e pubblichiamo una riflessione di Marina Fisicaro, già dirigente tecnico, sulla scuola dell’autonomia e sulla flessibilità con alcuni casi analizzati:

Le classi di concorso rappresentano uno degli elementi chiave del sistema educativo italiano, create con lo scopo di assicurare che ogni docente operi in ambiti disciplinari coerenti con le proprie competenze e il proprio percorso formativo. Le classi di concorso dei docenti esprimono competenze specifiche e un percorso di studi mirato, che dovrebbe garantire agli studenti un’istruzione di qualità, adeguata alle esigenze curricolari per ciascun indirizzo di studio scelto dalle famiglie.

L’avvento della “scuola dell’autonomia”, introdotta per conferire maggiore flessibilità organizzativa agli istituti scolastici (Legge n. 59/1997 e D.P.R. n. 275/1999), tuttavia ha determinato un uso sempre più elastico e spesso arbitrario delle risorse umane. Un fenomeno particolarmente evidente riguarda le riassegnazioni dei docenti tra diverse classi di concorso, il cui impiego non sempre rispetta il principio della corrispondenza tra le competenze specialistiche del docente e le discipline insegnate.
È importante sensibilizzare i dirigenti scolastici sulle implicazioni di tali assegnazioni, con particolare riferimento alla classe di concorso A13 (Latino e Greco), evidenziando il rischio che la flessibilità organizzativa ha in negativo sulla qualità della didattica e sulla valorizzazione delle competenze dei docenti.

Un esempio emblematico riguarda il trattamento riservato agli insegnanti della classe di concorso A-13 (Latino e Greco), tipica dei Licei Classici. In molti casi, questi docenti vengono riassegnati alla classe di concorso A11 (Discipline letterarie e latino), utilizzata in indirizzi come il liceo scientifico, linguistico o scienze umane, dove il focus disciplinare è
significativamente diverso.
Questo spostamento di docenti, sebbene possa apparire una soluzione flessibile, rappresenta un potenziale spreco di competenze e rischia di compromettere la qualità dell’insegnamento. Gli insegnanti della classe A13, formati per un contesto specifico come quello del Liceo Classico, si trovano infatti ad affrontare discipline e percorsi formativi che richiedono metodologie e approcci diversi. Nei Licei Scientifici o di Scienze Umane, ad esempio, il curriculum enfatizza rispettivamente le materie scientifiche, quelle sociali e psicologiche o le lingue straniere, mentre nel Liceo Classico
il Latino e il Greco costituiscono il fulcro dell’insegnamento.

Casi concreti di questa tendenza si trovano in diverse scuole del nostro territorio, dove si conferma l’uso ormai consolidato di impiegare docenti in classi di concorso diverse rispetto alla loro formazione primaria. Questo fenomeno di flessibilità è una forzatura e potrebbe non solo compromettere l’efficacia della didattica, ma anche tradursi in un mancato rispetto delle competenze specifiche dei docenti.
Le esigenze organizzative, pur comprensibili, non giustificano una riduzione della qualità dell’istruzione offerta agli studenti, i quali non beneficiano pienamente delle competenze specialistiche che il sistema delle classi di concorso dovrebbe tutelare, come previsto dal D. Lgs. n. 297/1994, che regola la gestione e l’impiego del personale docente.

Nell’attuale scenario della scuola dell’autonomia, la flessibilità gestionale delle risorse umane non può andare a discapito di un insegnamento qualificato, se il principio è sacrificato in nome di esigenze organizzative.
Se la flessibilità rappresenta un valore aggiunto, la “flessibilità forzata” solleva importanti interrogativi sul futuro della didattica a lungo termine, infatti, queste scelte potrebbero minare la professionalità dei docenti e l’apprendimento degli studenti, i quali non beneficiano del massimo livello di competenza che un sistema scolastico ben strutturato
dovrebbe garantire.

Occorre quindi una riflessione più ampia e approfondita su queste pratiche, soprattutto in vista delle sfide educative che il nostro Paese deve affrontare. La riforma del sistema di assegnazione dei docenti appare quindi non solo
auspicabile, ma necessaria allo stato attuale in presenza di classi di concorso caratterizzanti. Un approccio più mirato e rispettoso delle specificità professionali dei docenti garantisce una distribuzione delle risorse più equilibrata, efficiente e rispettosa delle competenze specialistiche. Solo così sarà possibile migliorare la qualità del servizio educativo, restituendo alla scuola la sua missione principale: formare cittadini preparati e consapevoli, attraverso l’impiego di docenti in grado di offrire un insegnamento d’eccellenza nelle proprie discipline.

In conclusione, una gestione più oculata e consapevole delle risorse umane, che tenga conto della centralità delle classi di concorso e della necessità di rispettare le competenze specifiche dei docenti, rappresenta un passo fondamentale per il futuro della scuola italiana.