Home Pensionamento e previdenza Pensioni 2025: incentivi per chi resta. Fornero non si tocca

Pensioni 2025: incentivi per chi resta. Fornero non si tocca

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Una legge di Bilancio movimentata, nel senso che ciascuno tira acqua al suo mulino, benchè l’evidenza è evidente: ci sono misure per circa 30 miliardi e la sanità non ha ricevuto quello che chiedeva, mentre è in arrivo un decreto per riordinare le famigerate accise sui carburanti, ma senza aumenti per l’autotrasporto. 

E mentre tra opposizione e maggioranza si litiga, non riuscendo mai a capire dove si acquatti la belva della verità, l’Europa attende il documento con la manovra economica del 2025 che pare essere fortemente condizionata dalle nuove regole europee che hanno sostituito il Patto di stabilità imponendo il controllo della spesa pubblica. 

Ciò significa, viene sottolineato, “ferreo controllo della spesa pubblica” e futuri sacrifici  aggiuntivi a cui i ministri dovranno sottoporsi, Mim compreso, mentre, sibilano gli esperti, nove miliardi della manovra saranno finanziati in deficit.

Qualcosa entrerebbe dai maggiori versamenti chiesti alle banche e alle assicurazioni, un contributo straordinario che comunque dovrà essere, così dicono gli economisti, restituito entra qualche anno, mentre altri incassi verranno dalla spending review, gli oboli cioè chiesti ai ministeri, appunto. 

Certa è comunque, e Matteo Salvini può pulirsi la bocca, la mancata abolizione delle Legge Fornero, come pure quota 41, ma sono previsti in compenso più incentivi per chi resta al lavoro e qualche aggiustamento per chi  invece vuole uscire in anticipo con Quota 103. In tempi di vacche magre, al massimo si può solo confermare lo status quo.

Per i dipendenti pubblici, viene eliminato l’obbligo di pensionamento automatico al raggiungimento dell’età massima prevista per ciascuna categoria, consentendo di lavorare fino a 70 anni.

E ciò sempre in riferimento alla legge Fornero, per cui chi vuole, e in automatico, può rimanere a scuola fino a 70 anni, considerato pure che queste misure hanno un costo quasi nullo per lo Stato, con un impatto finanziario sul PIL di soli lo 0,022 percento.
In ogni caso, sono prorogati, per il 2025, gli interventi di flessibilità quali Ape sociale, Opzione donna e Quota 103 e quelli in materia di pensioni minime. E a esse, alle pensioni minime, vanno 6  euro (dicasi sei euro) di aumento a causa della rivalutazione all’inflazione.