Secondo i dati contenuti nel rapporto “I giovani e la scelta di trasferirsi all’estero”, realizzato dalla Fondazione Nord Est, negli ultimi 13 anni circa mezzo milioni di giovani (550 mila), dai 18 ai 34 anni, ha lasciato l’Italia.
Questo esodo comporterebbe una perdita di 134 miliardi, cifra che potrebbe triplicarsi se si considera la sottovalutazione dei dati ufficiali.
Se, inoltre, un giovane europeo arriva in Italia, otto italiani vanno all’estero, facendo piazzare l’Italia all’ultimo posto in Europa per attrazione di giovani. Infatti essa accoglie solo il 6% di europei, contro il 34% della Svizzera e il 32% della Spagna.
Ma non solo, sembra ancora che metà dei partenti sono laureati e un terzo diplomati e che provengono dalle Regioni del Nord, mentre il 35% dei giovani residenti nel settentrione è pronto a trasferirsi all’estero. Tra le motivazioni principali, spiccano le migliori opportunità lavorative (25%), le opportunità di studio e formazione (19,2%) e la ricerca di una qualità della vita più alta (17,1%). Solo il 10% considera il salario più elevato come principale ragione per l’espatrio.
Se i giovani che emigrano si aspettano un livello di vita migliore e più felice, tra i giovani che restano in Italia prevalgono le visioni negative: il 45% teme un futuro “incerto”, il 34% lo vede “pauroso”, il 21% lo ritiene “povero”, e il 17% lo immagina “senza lavoro”
Inoltre, dice il rapporto, quasi l’80% di chi espatria è occupato (il 100% tra quanti non hanno conseguito il diploma delle superiori), contro il 64% dei giovani che risiedono nel Nord Italia, e tra i primi il tasso di disoccupazione è del 4,2%, contro il 12,5% tra i secondi.
Due sarebbero gli identikit dei giovani espatriati: i primi sono andati all’estero quasi per necessità (28% di chi ha risposto all’indagine), mentre i secondi ci sono andati per scelta (23%). Il tasso di disoccupazione dal 4,2% sale al 7% tra chi se ne è andato per necessità e scende all’1% tra chi se ne è andato per scelta.
Anche la tipologia di occupazione cambia significativamente: il 73,3% di chi se ne è andato per scelta svolge attività intellettuali o impiegatizie, mentre il 58,2% di chi se ne è andato per necessità è impiegato in ruoli per i quali in Italia le imprese denunciano una particolare carenza: tecnici, professioni qualificate nei servizi, operai specializzati e semi-specializzati, personale senza qualifica. In numeri assoluti, sono oltre 180 mila i giovani lavorano all’estero in tali attività (tenuto conto della sottostima dei dati ufficiali).