D. D’Attorre, qual è la sua opinione sull’impianto generale della riforma che ha passato il primo scoglio della Camera?
R. Nonostante i miglioramenti apportati in Commissione, l’impianto della riforma resta non condivisibile, in quanto indebolisce l’idea di un sistema di formazione pubblico su base universalistica. Sono 3 gli elementi principali di questo indebolimento della scuola pubblica: in primo luogo, l’attribuzione al dirigente scolastico del potere di chiamata diretta degli insegnanti; poi il meccanismo di valutazione dei docenti, che rischia di premiare non il merito ma solo l’arbitrio dei dirigenti scolastici; infine l’apertura non regolata a finanziamenti privati, che rischiano di aumentare le disuguaglianze tra diversi istituti e territori, in un quadro in cui si accetta e si incoraggia il fatto che vi siano scuole di serie A e di serie B. A ciò si aggiunga l’esclusione da qualsiasi percorso di stabilizzazione di decine di migliaia di precari abilitati, che da anni prestano il loro servizio nella scuola pubblica.
D. Era necessaria una riforma della scuola in Italia e in caso positivo ritiene corretto che essa debba considerarsi come una priorità per il rilancio del Paese? Quali sono eventualmente le sue proposte?
R. Una riforma della scuola è senz’altro necessaria. È però essenziale intendersi sul significato del termine ‘riforma’, che negli ultimi decenni in Italia è stato spesso utilizzato per giustificare interventi che hanno ridotto i diritti e prodotto un arretramento della situazione in diversi campi essenziali della vita sociale, in primis il lavoro e la formazione. La prima vera riforma della scuola dovrebbe consistere nel restituire al settore della formazione risorse più adeguate e nell’avvicinare gli stipendi degli insegnanti italiani alla media europea. Il secondo passo dovrebbe consistere in un ripensamento del concetto di autonomia, che deve essere vista non come la giustificazione di diseguaglianze insuperabili fra diverse scuole e territori, ma come la ricerca, istituto per istituto, della via migliore per raggiungere obiettivi e standard di qualità condivisi sul piano nazionale. La terza priorità dovrebbe consistere nel superare una dispersione di materie secondarie e progetti formativi talora improbabili e tornare ad investire di più sulle materie fondamentali, quelle che incidono direttamente sulle capacità critico-cognitive, su quelle logiche e di calcolo, su quelle analisi, comprensione e scrittura di testi scritti. Su questi punti gli errori compiuti a partire da alcuni aspetti della riforma Berlinguer, poi fortemente acuiti dalle riforme Moratti e Gelmini, hanno indebolito la scuola italiana. Un sistema scolastico che, invece, fino a qualche anno fa – si pensi in particolare alla scuola elementare e al nostro sistema liceale – era a livelli di assoluta avanguardia mondiale, nonostante le chiacchiere e la propaganda di segno contrario ispirata dalla stampa di ispirazione confindustriale e dagli interessi che volevano e vogliono mettere le mani sul sistema pubblico dell’istruzione”.
D. Ritiene che ci sia stata sufficiente considerazione per la protesta contro diversi punti del DdL Scuola che si è concretizzata con lo sciopero del 5 maggio scorso da parte della maggioranza?
R. No, il Governo ha risposto alle proteste con un misto di insensibilità e arroganza. Non ha capito che, ignorando la reazione negativa di un arco vastissimo di insegnanti, studenti e genitori, si rischia di fare non la riforma della scuola, ma una riforma contro la scuola”.
D. In genere dai deputati si è abituati ad osservare il c.d. “voto libero” svincolato cioè dal gruppo a cui appartengono, quando si tratta di questioni di coscienza. Scusi l’ironia, ma è così anche per la scuola, visto che nel PD non c’è stata una posizione unanime?
R. Mi rendo conto che non siamo in una situazione normale, nel senso che non è fisiologico non votare provvedimenti proposti dal Governo sostenuto dal proprio partito. Ma questa anomalia è la conseguenza di un’anomalia ancora più grande, ossia quella di un Partito democratico che sta stravolgendo il mandato ricevuto dagli elettori su materie fondamentali come la scuola, il lavoro e le regole fondamentali della democrazia, seguendo una linea che appare più vicina alle idee di Forza Italia e della destra piuttosto che a quelle che dovrebbero essere le posizioni di un grande partito popolare di sinistra.