La scrittrice Susanna Tamaro è intervenuta oggi, 7 novembre, insieme al ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara, al convegno “Leggere il presente per scrivere il futuro. Il valore imprescindibile della lettura su carta e della scrittura a mano in corsivo” all’Archivio di Stato di Roma, organizzato dall’Osservatorio Carta, Penna & Digitale della Fondazione Luigi Einaudi.
Susanna Tamaro e il ritorno a carta e penna
Tamaro ha iniziato a parlare della sua esperienza di rifiuto degli strumenti informatici a favore della scrittura su carta anche per lunghi romanzi: “Sono una maestra elementare. Non ho fatto il liceo come gli altri colti ma ho imparato a insegnare a leggere e a scrivere anche ai sassi. Le vecchie scuole per le maestre insegnavano a dare ai bambini i fondamenti della cultura, fondamenti che sono ormai stati frantumati. Non si insegna più”.
“Il corsivo muove tanti neuroni, il computer non muove poco o nulla. Muovere la mani significa muovere tante parti del cervello. Io ho un problema neurologico, ho fatto molta fatica a scuola, ho sempre odiato leggere e capisco chi non vuole leggere. Negli anni Novanta ho provato angoscia perché il computer faceva cose che non volevo facesse. In una situazione rigida la mia creatività diventava prigioniera. Ormai nelle classi abbiamo metà dei bambini con certificazioni di disturbi di apprendimento, che forse potrebbero diminuire riducendo i dispositivi elettronici”.
“Scrivere a mano è un piacere fisico. Ho comprato allora quaderni delle elementari e sono tornata a fare l’alfabeto, da maestra. Tornare a scrivere a mano è stata un’emozione, ormai sono quasi nove anni che scrivo tutto a mano. Al computer diventi povero, schematico, ti sembra che sia già tutto perfetto. Molta letteratura meno profonda nasce dal fatto che abbiamo questo strumento che ci manipola quando scriviamo anche se non ce ne rendiamo conto. La scrittura a mano è l’essenza di essere umani. Voglio dire ai ragazzi: scrivere a mano è segno della propria personalità. Essere privati della propria calligrafia è essere privati di una parte del proprio essere, è essere omologati”, ha aggiunto.
“I libri che negli anni Ottanta venivano letti a otto anni oggi li leggono a tredici”.
Poi ha spiegato di aver osservato un decadimento nelle abilità culturali e linguistiche dei bambini, che secondo lei è dovuto ai dispositivi digitali: “Nei bambini il vocabolario è crollato in maniera verticale. I libri che negli anni Ottanta venivano letti a otto anni oggi li leggono a tredici. Vuol dire che non ci sono più le parole. Quando si è così poveri si è molto manipolabili. I bambini non sanno più muoversi, il corpo è diventando sostegno di una mente che agisce stimolata da altri”.
Ed ecco infine un messaggio rivolto alla scuola, in particolare alle maestre di italiano: “Dobbiamo rimettere al centro, anche nell’educazione, il concetto secondo cui apprendere cose nuove richiede uno sforzo, che è anche un piacere di fare cose che mai si sarebbe immaginati di fare. Credo che nella scuola italiana è stato fatto un assassinio: oltre a togliere la scrittura a mano è stata trattata, fin dalla scuola primaria, la letteratura tecnicamente. Non viene insegnato ai bambini a godere della bellezza di un testo, ma viene insegnato a fare l’analisi del testo, che è una cosa a livello universitario. Se si insegna ai bambini che il testo risponde a certi canoni gli sto insegnando che la letteratura e la poesia sono tecniche come le altre. Questo è pericoloso. Una bambina mi ha detto che un libro non funzionava perché a pagina 30 non c’era l’antagonista. La letteratura non deve funzionare, deve emozionare. Togliamo queste cose orrende nelle scuole primarie, non insegniamo la letteratura come un cadavere da sezionare alla ricerca di una malattia perché così la letteratura muore”.
“Come si fa a far appassionare i ragazzi alla lettura con Verga?”
La scrittrice aveva già parlato dell’insegnamento della letteratura italiana nelle scuole lo scorso anno: “Cambierei completamente l’insegnamento della letteratura italiana a scuola, quella è una cosa vergognosa. Basta con Verga, non ne possiamo più”, queste le sue forti affermazioni.
“Come si fa a fare appassionare i ragazzi alla lettura con Verga? Ai ragazzi bisogna far leggere cose che fanno loro eco dentro. Cose moderne, contemporanee o no ma che sono adatte per i ragazzi. Non si può far leggere Verga, lo odiavo già io alle medie. Basta”, questo l’appello della scrittrice di Va’ dove ti porta il cuore, che, scherzando ha proposto di essere lei l’oggetto di lezioni di letteratura, sostituendo i grandi classici.
“La scuola ti disgusta alla letteratura, la odi ferocemente, odi fare Dante, cose difficilissime che già alla mia età erano incomprensibili. Io ho odiato leggere da bambina, capisco perfettamente. Negli anni Sessanta c’erano libri noiosissimi”, ha concluso.