Non è facile parlare di Franco Ferrarotti, morto a Roma nella giornata odierna, all’età di 98 anni.
Insieme con il direttore della Tecnica lo avevamo incontrato alcuni mesi per una intervista (forse fra le ultime che il professore ha rilasciato).
Ci avevano colpiti molto la sua energia e la sua lucidità: vederlo quasi “saltellare” nel suo studio in mezzo a montagne di libri, fascicoli e riviste era stata per noi una emozione incredibile.
Al termine dell’intervista gli avevamo strappato una promessa e cioè quella di ritornare da lui in occasione dei suoi 100 anni, nell’aprile del 2026.
Purtroppo è una promessa che non potrà mantenere anche se ciò di cui avevamo parlato con lui in quelle due ore resta per noi un regalo straordinario.
Ferrarotti era nato nel 1926 in un piccolo paese della provincia di Vercelli e aveva iniziato a farsi conoscere come sociologo alla fine degli anni 40.
Nel 1948 aveva incontrato Adriano Olivetti con il quale collaborò per più di un decennio, fino alla morte dell’industriale piemontese.
Con Olivetti era stato candidato alle elezioni politiche del 1958 nel Movimento di Comunità, subentrando l’anno successivo ad Olivetti, che aveva ottenuto un seggio alla Camera e che nel frattempo di era dimesso.
Nel 1961 gli venne affidata la cattedra di sociologia alla Sapienza di Roma (fu quella la prima in tutta Italia) mentre l’anno successivo contribuì alla nascita della Facoltà di Sociologia a Trento.
Già nel 1951, con l’amico Nicola Abbagnano, docente di storia della filosofia a Torino, fondò i Quaderni di Sociologia ai quali seguì nel 1967 la rivista La critica sociologica.
Nel corso della sua carriera accademica, ma anche successivamente, Ferrarotti ha scritto una quantità a dir poco impressionante di articoli, saggi e libri dedicati alla sociologia di cui può, a buon diritto, essere considerato in Italia il padre fondatore.
Non era solo un teorico ma anche un ricercatore attento e infatti fra i suoi lavori ve ne sono molti che riguardano proprio i risultati delle sue indagini sul campo.
Fino alla fine ha lavorato con metodo e costanza: quasi tutti i giorni si recava nel suo studio per scrivere, leggere e studiare.
Con Ferrarotti se ne va uno studioso di grandissima levatura, uno straordinario intellettuale, un acuto osservatore dei mutamenti sociali, che dal secondo dopoguerra ad oggi ha contribuito in modo decisivo al dibattito sui problemi della nostra società.