Tempo di open day per le scuole, per i genitori, per gli studenti. Cioè di presentazione degli indirizzi di studio e dei progetti didattici, ai fini della iscrizione, a gennaio, al prossimo anno scolastico.
“Ma sembrano essere diventati, così alcuni genitori, dei concorsi di bellezza”. Con lustrini e quant’altro, pur di catturare iscritti, in una logica sempre più competitiva tra offerte formative e roboanti nuove proposte.
E’ pur vero che il calo demografico, che ha toccato soprattutto le scuole del primo ciclo, e alle superiori soprattutto gli istituti tecnici e professionali e i centri di formazione, sta rendendo più aggressivi, per il timore di perdere iscritti, docenti, personale, sedi, risorse.
Ma il focus, è bene ribadirlo, deve pur rimanere il meglio per un bambino, un adolescente, un giovane, secondo attitudini, abilità, competenze di base maturate, passioni, sogni di vita.
La logica della concorrenza da un lato aguzza le proposte delle scuole, ma al contempo non è detto che aiuti nel concreto le famiglie e i figli nelle scelte fondamentali. Non sapendo, poi, che sono e saranno i docenti, al di là delle progettazioni scritte sulla carta, che faranno la differenza educativa e didattica. Per cui, non potendo sapere, già da ora, quali insegnanti saranno assegnati alle singole classi è impossibile avere quelle certezze che sono quelle, poi, che di fatto possono determinare le scelte delle famiglie.
Per venire incontro a queste incertezze, i genitori si sono negli anni costruiti degli open day virtuali, se posso chiamarli così, attraverso i gruppi WA. Con un via vai di commenti su docenti, scuole e indirizzi, a volte anche sopra le righe e un po’ troppo pressanti.
Per questo, mi permetto, da vecchio preside, di ripetere un consiglio alle famiglie: di prendersi tempo, per visitare diverse scuole ed interpellare anzitutto i docenti dei propri figli, in modo da avere più informazioni possibili. E poi parlarne più volte a casa con i figli, senza correre il rischio di proiettare su di loro le proprie aspettative. Infine, scambiarsi due parole con famiglie e figli che già frequentano le diverse scuole. Sapendo comunque che le scelte vanno temperate, lo ripeto, sulla base di attitudini, abilità, competenze maturate, sogni nel cassetto.
Insomma, contano i figli che si iscrivono e non il pezzo di carta promesso da questa o quella scuola. Sapendo che le intelligenze sono diverse, come diverse sono le scuole che possono corrispondere alle aspettative. Conta, cioè, che ciascuno trovi la sua strada formativa.
A volte, nelle esperienze di open day, mi è capitato di incrociare famiglie e figli alla ricerca, quasi miracolosa, di “segnali” che aiutino ad orientarsi nel magma confuso. Meglio non avere questo atteggiamento, ma prepararsi un po’, perché per domandare noi dovremmo sapere cosa domandare.
Le scuole tutte, lo dobbiamo dire, sono oggi innovative, ma chi più chi meno nel solco tradizionale, con una struttura rigida su docenti, programmi, orari. Gli studenti stanno bene oggi a scuola, a parte alcune situazioni limite, perché c’è attenzione per gli aspetti psico-attitudinali.
Quali sono le forme di valore aggiunto, al di là delle specificità delle impostazioni didattiche e degli indirizzi di studio? Si differenziano, in alcuni casi, su aspetti di corollario, come ambienti, strutture digitali, proposte progettuali curricolari ed extra.
Poi le domande delle famiglie di solito vanno a cercare l’eventuale settimana corta, se i docenti sono troppi rigidi e selettivi, se c’è lo sportello psicologico, quanti sono i migranti in ogni classe.
Qualcuno, dopo lunghi giri, può anche concludere che gli open day più che orientare di fatto disorientano. In alcuni casi è così, visti i tanti lustrini, e la poca chiarezza tra domanda e offerta.
Poi, a pensarci meglio, non andrebbero cancellati, ma ripensati rendendoli più strumento di approfondimento che di semplice promozione di bandiera, aiutando, in una logica di rete tra scuole, le famiglie e gli studenti a comprendere la qualità di scelte che segneranno comunque la loro vita.