Nella vicenda della docente di sostegno aggredita da 30 genitori in una scuola di Scanzano c’è un aspetto che, più di altri, colpisce.
Secondo le prime ricostruzioni sembra che la “furia” dei genitori sia stata provocata da “voci”, o meno attendibili, relative a comportamenti inadeguati della docente.
Ora, delle due l’una: o questi comportamenti erano di fatto palesi (la docente cioè li aveva in qualche modo ammessi più o meno pubblicamente) oppure si tratta di una ipotesi, di un sospetto più o meno fondato.
In entrambi i casi la domanda è: perché i genitori non si sono rivolti alle autorità competenti (dirigente scolastico, Ufficio scolastico Regionale, Ministero, Forze dell’ordine) in modo da porre fine ai comportamenti inadeguati?
Possibile risposta: evidentemente pensavano che non sarebbe servito a molto e che la “giustizia fai da te” quasi in stile far-west sarebbe stata molto più pratica e immediata.
Se è così c’è da chiedersi non tanto il motivo per cui i docenti hanno perso autorevolezza, quanto piuttosto perché persino Ministero e Tribunali non godano più del prestigio di un tempo: il dato è grave e andrebbe affrontato seriamente evitando di fermarsi a banali e semplicistiche analisi pseudo-sociologiche e pseudo-psicologiche.
Ed è anche molto grave che a nessuno dei 30 genitori sia venuto in mente che – in ogni caso – anche il reo confesso ha diritto ad un equo processo prima di essere condannato: il diritto alla difesa è inalienabile e neppure l’imputato può rinunciarvi (in casi estremi il Tribunale deve nominare un difensore d’ufficio).
C’è da augurarsi che l’evento possa servire per una riflessione collettiva sul tema della violenza a scuola perché bisogna dire a chiare lettere che il malessere sociale è serio e grave e pensare di affrontarlo con strumenti come il voto di condotta, le sospensioni di due giorni o due settimane, i riassuntini dell’articolo X della Costituzione, i patti educativi di corresponsabilità fa davvero sorridere anche perché si tratta di misure che intervengono sugli effetti del “male” e non certamente sulle sue cause.
Lo stesso ministro Valditara ha parlato di “imbarbarimento” dei rapporti sociali e la preside della scuola di Scanzano esclama sconsolata: “Anni e anni di sforzi per diffondere il senso della legalità e il rispetto delle regole e poi succede una cosa del genere!”
Il fatto è che i nostri giovani, ma anche i cittadini comuni, tendono di più ad imitare le pratiche che a seguire le prediche.
E (ed è sgradevole dirlo) quali esempi possiamo dare ai giovani con parlamentari che nelle sedi istituzionali usano talora linguaggio da “taverna”? E possiamo credere di mantenere alto il prestigio delle istituzioni quando accade che persino una dirigente scolastica a capo di una scuola distintasi per i progetti antimafia viene pescata con borse piene di tablet e merendine comprati con i fondi della scuola?