Gli esami di maturità del 2020 svolti in piena pandemia da Covid-19, sono stati in qualche modo “difesi” dal Tar del Lazio. I giudici hanno respinto il ricorso di uno studente di Saronno bocciato agli esami che ha chiesto di annullare la decisione dei docenti. Lo riporta Open.
La Dad è stata efficace?
Il giovane, iscritto ad un liceo scientifico, aveva portato avanti il ricorso dicendo: “la didattica a distanza è stata meno efficace di quella in presenza e l’aumento del peso dei crediti scolastici mi ha penalizzato”. Insomma, secondo il ragazzo tra le cause della bocciatura c’era anche il fatto di non aver potuto fare didattica in presenza nei mesi prima della maturità, nel momento in cui è scoppiata la pandemia in Italia.
I giudici si sono dovuti così trovare a giudicare quasi l’efficacia della tanto demonizzata Dad. Nel ricorso, lo studente bocciato lamentava che l’introduzione della didattica a distanza avesse rappresentato un serio ostacolo per gli studenti, penalizzando soprattutto quelli “sprovvisti di strumenti tecnologici adeguati o di una connessione internet stabile per seguire le lezioni”.
Inoltre, “la sospensione delle lezioni in presenza ha impedito di svolgere le simulazioni d’esame, come avveniva negli anni scolastici precedenti, di recuperare le insufficienze nel secondo quadrimestre e di restare al passo con le lezioni”.
Il giovane ha, anche, lamentato di essere stato penalizzato anche da una modifica dei criteri di valutazione introdotta in quell’anno, tra cui l’aumento del peso attribuito ai crediti scolastici, che nel calcolo del punteggio finale erano passati dal 40% al 60%. “Non si può parlare di disparità di trattamento, perché non è irragionevole dare maggiore peso al credito formativo rispetto al punteggio dell’esame finale”.
Nel ricorso, la famiglia aveva incluso anche un’accusa particolarmente grave, per la quale avevano anche presentato denuncia: i docenti avrebbero falsificato i voti nei registri, influendo negativamente sulla media finale e sul credito scolastico dell’alunno. Ma non finisce qui. Ha contestato anche l’irregolarità della prova orale, “svolta in soli 30 minuti” anziché nei 60 previsti e con “poche domande che non hanno permesso alla commissione di valutarlo adeguatamente”.
Il Tar ha respinto ogni contestazione
Tutte le motivazioni sollevate dallo studente non hanno in alcun modo convinto il Tar del Lazio, che ha respinto ogni singola contestazione, facendo innanzitutto riferimento al fatto che le misure straordinarie adottate dal Ministero dell’Istruzione erano giustificate dall’eccezionalità della pandemia. Quanto al sistema di calcolo dei punteggi, i magistrati hanno infatti ritenuto che in realtà garantiva una valutazione più ampia e accurata, poiché teneva maggiormente conto del percorso complessivo degli studenti, anziché basarsi principalmente sulla prestazione d’esame.
Per quanto riguarda le critiche alla didattica a distanza, il tribunale ha respinto le argomentazioni al mittente, bollandole come “troppo generiche e non supportate da prove specifiche” che dimostrassero un collegamento diretto tra le presunte difficoltà tecnologiche e il calo nel rendimento. La denuncia riguardante i voti falsi si è rivelata priva di fondamento.
Per il tribunale, l’accusa si basava unicamente sulla testimonianza della madre dello studente, giudicata insufficiente per dimostrare concrete irregolarità. Quanto invece al colloquio d’esame, il Tar ha precisato che la durata di 60 minuti non era vincolante, ma “indicativa”, e che eventuali “risposte palesemente errate o silenzi prolungati”, riportati dagli stessi commissari, avevano giustificato la valutazione negativa.