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Docenti precari lavorano gratis nelle scuole paritarie per avere punti in graduatoria, per la Cassazione non è caporalato: sono prestazioni intellettuali

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L’inizio della carriera per tanti docenti è rappresentato da impervie salite. A volte così ardue e pesanti che pur di andare avanti e recuperare “terreno”, quindi servizio che corrisponde ad anzianità da fare valere come punti per “staccano” i candidati in graduatoria, si è disposti a lavorare pure gratis. È quello che è accaduto a degli insegnanti supplenti che hanno lavorato in alcuni istituti scolastici paritari di Termini Imerese.

I mancati stipendi avrebbero prodotto un “tesoretto” non indifferente alla dirigente scolastica a capo delle scuole paritarie siciliane: la Procura, che aveva ottenuto l’arresto della dirigente, aveva accertato che gli insegnanti, ma anche unità di personale Ata, dopo le indagini degli inquirenti, aveva ipotizzato che i gestori delle scuole avessero potuto lavorare “in difformità ed in misura sproporzionata rispetto alla contrattazione nazionale, in certi casi addirittura gratuitamente, e sarebbero stati costretti a restituire la retribuzione formalmente ottenuta”.

Secondo Adnkronos, “il danno provocato da questa presunta operazione ammonterebbe appunto a circa un milione di euro e per questo era scattato il sequestro di conti bancari e immobili riconducibili alla cooperativa e ai singoli indagati. Il tribunale di Termini aveva anche nominato un commissario giudiziale per garantire la prosecuzione dell’attività scolastica nell’interesse degli studenti e per ripristinare una situazione di diritto all’interno dei singoli istituti”.

La Corte di Cassazione ha anche spiegato che “la norma” sul caporalato, sollevata dall’accusa, “si riferisce al reclutamento di manodopera” e quindi non si può applicare “a categorie di lavoro che avvalendosi di prestazioni intellettuali, esulano in radice dalla categoria dei lavoratori manuali, siano essi in ambito agricolo o artigianale o industriale”.

Quindi, la stessa Cassazione ha anche annullato l’arresto della dirigente di uno degli istituti paritari, che è anche presidente del consiglio di amministrazione della cooperativa sociale che gestisce gli istituti superiori paritari.

Per i giudici della Cassazione “la norma” del caporalato si riferisce al “reclutamento o all’utilizzazione di ‘manodopera’, termine semanticamente legato alla manualità e generalmente alla prestazione di lavoro privo di qualificazione, nome collettivo all’interno del quale l’individuo e le sue capacità perdono significato a fronte della potenzialità produttivo che il gruppo di lavoratori può esprimere”.

Per la Cassazione “tutto ciò è estraneo al lavoro intellettuale, tanto se esercitato in forma subordinata che nella libera professione, poiché l’intelletto e il suo uso costituiscono elemento identitario e individualizzante che non può essere svilito, disperdendolo nella categoria generica della manodopera”.

In conclusione, la Cassazione “ha annullato l’arresto della dirigente, difesa dal collegio difensivo: per i giudici il provvedimento “va annullato perché il fatto non sussiste”.

Annullata con rinvio, pure, la parte dell’ordinanza in cui viene contestata l‘estorsione aggravata nei confronti dei dipendenti: l’ipotesi accusatoria dovrà essere rivalutata dai giudici del Riesame.