Fra le proposte di modifica al ddl scuola di cui si discuterà nei prossimi giorni in Commissione Cultura ce n’è uno che sembra piacere poco sia ai diretti interessati (i dirigenti scolastici) sia ai docenti (e forse anche alle famiglie).
Si tratta dell’emendamento che prevede che il dirigente scolastico non possa rimanere nella stessa sede per più di due mandati, ciascuno della durata di 3 anni.
Molti Ds e molti insegnanti sostengono che 6 anni sia il tempo minimo per organizzare una scuola e darle una identità dignitosa. In molti si chiedono perchè mai si debba mettere un limite alla permanenza del dirigente presso la stessa sede.
La motivazione addotta da chi propone questa nuova regola fa riferimento, in sostanza, alla necessità di evitare il radicarsi di pratiche clientelari o anche solo “familistiche”.
Il ministro Maria Elena Boschi ha spiegato che se questa regola vale per la dirigenza pubblica non si capisce perchè non debba valere anche per i dirigenti scolastici.
Il ragionamento sembra ineccepibile ed è la logica conseguenza della “campagna” messa in atto negli ultimi due mesi sulla figura del “preside sceriffo” creata dai sindacati e dai movimenti e sostenuta dal ministro Giannini e dal sottosegretario Faraone che hanno parlato spesso di “preside sindaco”.
E siccome nessun sindaco può rimanere in carica per più di due mandati, non c’è da stupirsi se la stessa regola viene applicata al “preside sindaco”.
Piuttosto stupisce il dissenso che proviene dal mondo della scuola (quello dei dirigenti è del tutto comprensibile) che evidentemente non aveva messo nel conto che la prevenzione della corruzione (reale o presunta che sia) ha un costo.