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Filiera tecnico-professionale, il no di Uil-Scuola. Il 4+2 potrebbe mettere in crisi i licei; per Frassinetti bisogna rivalutare la cultura classica e umanistica

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Sulla questione della riforma che introduce la filiera tecnologico-professionale il dibattito prosegue anche a seguito dell’esito dei lavori del Consiglio Superiore dell’Istruzione.
Nei giorni scorsi, infatti, il CSPI ha espresso parere favorevole sullo schema di decreto ministeriale per il definitivo avvio dei nuovi percorsi, ma non sono mancate le posizioni contrarie.
Del no deciso della Flc-Cgil abbiamo già dato conto, mentre in queste ore anche Uil Scuola ha voluto evidenziare le potenziali criticità di questo nuovo modello formativo.

Il no di Uil-Scuola

Innanzitutto, secondo il sindacato di Giuseppe D’Aprile, l’istituzione della filiera tecnologico-professionale sembra orientata verso una crescente “esternalizzazione” dei processi educativo-didattici, con un ruolo determinante affidato al mondo dell’imprenditoria. Gli accordi di rete promossi dalle diverse istituzioni educative si configurano come strumenti per costruire percorsi formativi mirati prevalentemente alle esigenze del mercato del lavoro, rischiando di subordinare la formazione culturale generale all’interesse economico immediato.
Un aspetto cruciale riguarderebbe poi l’assenza di una regolamentazione volta a garantire la peculiarità del processo educativo statale. La legge istitutiva delega la strutturazione dei partenariati tra scuole e imprese una formula che inevitabilmente risponde alle priorità di chi fornisce le risorse. Questo approccio solleva il timore che l’autonomia delle istituzioni scolastiche possa essere compromessa, con ricadute sul valore educativo e culturale complessivo dei percorsi formativi.
Un punto particolarmente critico riguarda poi l’inserimento dei ragazzi di 14-15 anni in percorsi formativi che prevedono contratti di apprendistato, come stabilito dalla normativa. La riduzione del ciclo di studi per tecnici e IeFP a un modello “4+2” (quattro anni di scuola e due di specializzazione) potrebbe ulteriormente impoverire l’offerta formati
Altro aspetto rilevante – sottolinea Uil Scuola – è l’introduzione di nuove figure di docenti non contrattualizzate nel sistema di istruzione secondaria superiore. Non sono chiari i criteri di selezione, il monte ore, né le modalità con cui queste figure saranno integrate con i docenti curricolari.
Secondo il sindacato di D’Aprile una revisione più equilibrata e inclusiva appare necessaria per garantire che l’educazione non diventi esclusivamente funzionale al mercato, continuando invece a rappresentare un pilastro fondamentale della società.

Formazione tecnico/professionale vs formazione umanistica

Va infine rilevato – aggiungiamo noi – che l’intero progetto potrebbe in qualche modo ridurre l’interesse di famiglie e studenti nei confronti dei percorsi liceali.
Negli ultimi mesi la sottosegretaria Paola Frassinetti è intervenuta più volte per ribadire l’importanza degli studi umanistici e a febbraio, a iscrizioni 2024/25 concluse, si era anche rammaricata del calo di studenti iscritti al classico.
Il fatto è che delle due l’una: o aumentano le iscrizioni alla filiera tecnico-professionale (e quindi calano quelle dei licei) oppure si incrementano quelle dei licei (e quindi diminuiscono quelle di tecnici e professionali). Un aumento di entrambi i percorsi risulta di fatto impossibile.
Per tentare di salvare capra e cavoli Frassinetti ha anche detto in qualche circostanza che l’insegnamento del latino dovrebbe essere esteso a tutta la secondaria di secondo grado, ma, francamente, una ipotesi del genere sembra del tutto irrealizzabile oltre che in netta contrapposizione rispetto ad un modello formativo legato alla “riforma Gentile” che risale ormai ad un secolo fa e che non è mai stato messo seriamente in discussione.