Siamo sicuri che la Storia che conosciamo, quella imparata sui banchi di scuola, sia quella ‘vera’? Che i grandi personaggi che popolano l’immaginario di una nazione siano stati davvero quegli eroi che ci sono stati tramandati?
È tutta un’altra storia, risponderebbe Laurence De Cock – docente, storica e saggista francese – che, come riporta larga parte della stampa d’oltralpe, ha appena pubblicato la ‘sua’ storia, alternativa rispetto a quella accademica della narrazione nazionale. Il saggio si intitola “Histoire de France populaire”, con un sottotitolo che in italiano potremmo tradurre “da moltissimo tempo fa ai nostri giorni”.
In un’intervista alla rivista specializzata “Le Café Pédagogique”, Laurence De Cock spiega il senso della sua opera: in circa 560 pagine, la saggista prova a decostruire l’idea che i francesi hanno della loro storia, una storia fatta intanto da quasi soli uomini – se si eccettua Jeanne D’Arc – e che ‘dimentica’ i vinti, gli sconfitti, le masse popolari in rivolta, le sue pagine più buie come il colonialismo o la gestione dei flussi migratori dalle ex colonie verso la Francia.
La storia che la gente ha imparato, e che ama, si chiama – continua de Cock – narrazione nazionale perché è una storia della costruzione della Francia come nazione. Un racconto potente, facile da raccontare, popolato da eroi, che cementa l’orgoglio dei cittadini.
Tuttavia, è tempo di ristabilire alcune verità importanti: ad esempio, che i Galli non sono gli antenati dei francesi, che Carlo Magno non ha inventato la Scuola, o che gli arabi non sono stati fermati da Carlo Martello a Poitiers. Per non parlare del racconto –falso – entrato anche questo nell’immaginario collettivo, secondo il quale, durante la Prima guerra mondiale, i giovani francesi partivano per il fronte allegri e spensierati.
Il saggio di De Cock intende riscrivere una storia nazionale che proceda dal punto di vista degli ‘sconfitti’, del popolo e che sia ampiamente fruibile dal popolo. Perché come ha spiegato la saggista, l’aggettivo ‘populaire’ che sta nel titolo dell’opera ha una doppia valenza: storia del popolo e per il popolo.
Insomma, ben venga questo nuovo saggio, questa nuova narrazione storica. Dà forza a quanto detto qualche tempo fa dal professore Alessandro Barbero durante un convegno: “La storia delle guerre galliche l’ha scritta Giulio Cesare. Io scommetto che se avessimo la storia delle guerre galliche scritta da Vercingetorige impareremmo delle cose un po’ diverse.”