Il caso della querela del ministro Valditara allo scrittore Nicola Lagioia sta alimentando nuove polemiche nel web e nei sociali.
Per chi non ricordasse la vicenda diciamo che a marzo lo scrittore Lagioia aveva ironicamente commentato un “tweet” del Ministro sulla questione degli alunni stranieri, rilevando in particolare errori grammaticali (o presunti tali) commessi a suo parere da Valditara.
Adesso il Ministro ha dichiarato di aver presentato una querela annunciando che, in caso di vittoria in tribunale, il risarcimento sarà destinato a finanziare scuole che realizzano progetti e attività didattiche a favore di alunni stranieri.
Di questa vicenda parliamo con Mario Maviglia, pedagogista, già dirigente tecnico e provveditore agli studi di Brescia.
Cosa ne pensa, Maviglia, di questo atto del Ministro?
In un Paese normale un ministro dell’istruzione probabilmente occuperebbe il suo tempo innanzi tutto per cercare di risolvere i tanti problemi che presenta la scuola e la scuola italiana ne presenta non pochi e di non poco conto: il tasso di dispersione scolastica più alto in area UE, uno dei tassi di Neet più alti in Europa, una retribuzione dei docenti al di sotto della media UE, un sistema di reclutamento del personale farraginoso e poco incisivo, un appesantimento burocratico della vita scolastica che irrigidisce e ingessa il sistema, un avvio dell’anno scolastico sempre molto problematico e con frequenti perturbazioni nella vita delle istituzioni scolastiche ecc. ecc.
Insomma, roba da far tremare le vene ai polsi a qualsiasi ministro, di qualsiasi colore politico…
Esattamente, ci sarebbe di che rimboccarsi le maniche e darsi da fare, invece che inseguire le critiche (ancora legittime? Cfr art. 21 cost) dello scrittore di turno.
E vero, ma allora un ministro non può difendersi dalle offese, reali e presunte?
Per la verità in questa vicenda chi è stata profondamente offesa è stata la lingua italiana, strapazzata dal ministro con un utilizzo quanto meno funambolesco del periodare, con l’uso ossessivo dell’anafora (“se… se… se…”), con qualche errore morfologico-sintattico (“se nelle scuole si insegni…”) e con un uso alquanto disinvolto della punteggiatura.
Vabbè, Maviglia, la vogliamo buttare su formalismi linguistici che oggi non sarebbero validi neppure per bocciare un candidato ad un esame per diventare notaio?
Oddio, è anche vero che anche la forma ha la sua importanza, ma se vogliamo restare nel merito dei contenuti del tweet del Ministro, si può facilmente verificare che finora il responsabile del dicastero non ha trovato alcuna soluzione credibile per far sì che nelle classi la maggioranza degli studenti sia costituita da italiani (almeno nelle aree del Paese più interessate ai processi migratori).
Appunto, è un problema di difficile soluzione, il Ministro non può fare miracoli…
E allora ci vorrebbe maggiore prudenza, quando si fanno certe dichiarazioni.
D’altronde la galassia degli studenti “stranieri” è così variegata che la stessa aggettivazione di “straniero” risulta fuorviante: sotto questa etichetta, infatti, vengono ricompresi ragazzi e ragazze appena arrivati in Italia e altri che invece sono nati in Italia da genitori stranieri ma che non sono riconosciuti come cittadini italiani solo perché abbiamo una legislazione retrograda e indegna di un Paese civile, peraltro pervicacemente voluta e tenuta in essere dalla maggioranza politica di cui fa parte lo stesso ministro Valditara.
Però in linea di principio non è sbagliato dire che chi ambisce a diventare cittadino italiano deve conoscere la lingua, la storia e la cultura del nostro Paese.
Sono d’accordo, ma senza dimenticare che la necessità di un insegnamento approfondito della “storia, la letteratura, l’arte, la musica italiana”, vale anche per i cittadini italiani se è vero che, da quanto emerge dalla recente indagine OCSE-PIAAC, un adulto italiano su tre è un analfabeta funzionale, ossia sa leggere e scrivere, ma incontra grandi difficoltà a comprendere, assimilare o utilizzare le informazioni lette.
Complessivamente, secondo lei, che senso ha tutta questa polemica?
Mi sembra che stia capitando a fagiolo per distogliere l’attenzione dai veri problemi della scuola, problemi che non sono costituiti dai vari Nicola Lagioia, Giulio Cavalli o Christian Raimo. Anzi, in una democrazia matura, la critica verso i responsabili politici è salutare perché sancisce in modo inequivocabile la differenza tra l’essere cittadini ed essere sudditi.