Riceviamo e pubblichiamo il contributo inviatoci dal nostro collaboratore, Gianni Zen, preside del Liceo Brocchi di Bassano del Grappa, sulla realizzazione del presepe nelle scuole.
Avendo proposto, su input di alcuni ragazzi, che in tutte le classi dei miei due Licei (il Brocchi di Bassano ed il De Fabris di Nove) ci sia, su loro iniziativa e scelta, un piccolo presepe, assieme, se lo credono, ad un albero di Natale, dovrei essere contento della sollevazione popolare, a difesa di questa “festa”. Il mio dovere l’avrei fatto, l’ho fatto.
Ma è il contesto ed il contenuto di questa “ondata” che non mi lasciano, invece, il cuore in pace.
Perché credo sia giusto dire una piccola-grande verità: il Natale non può essere strumentalizzato, ideologizzato, diventare un mero strumento di propaganda politica. No, il Natale non lo consente. Perché il cuore della sua “festa” è da tutt’altra parte.
Mi spiego. E’ giusto, ed io l’ho fatto, riconoscere, quasi rivendicare, il patrimonio di una storia e di una tradizione. Che è bella. Altra cosa, invece, farne uno strumento. Magari dalle stesse persone che, in altro contesto, inseguono e seguono tutt’altri valori.
Una fede religiosa, tanto per chiarirci, non è riducibile ad una sociologia, ad una ideologia. Ma è sempre “oltre”.
Nella mia circolare sui presepi, ad esempio, si trova scritto: “nel presepe c’è una coppia di immigrati, senza documenti, senza casa, quindi clandestini, con Maria che aspetta il figlio di un altro, che vanno ad occupare una capanna abusivamente”. Una semplice constatazione, un fatto risaputo, che mette in crisi.
Allora, quale il valore, religioso ma anche laico, cioè universale, di quella festa?
Quello cantato, scrissi, in una vecchia canzone di Renato Zero: “La vita è un dono”.
Sappiamo, conclusi, che la convivenza richiede regole, reciprocità, rispetto, tolleranza, libertà responsabile, solidarietà, ecc.. Ma, forse, dovremmo insieme imparare, oltre tutto e tutti, che “la cosa suprema, che si può conquistare nella vita, è non voler possedere nulla. Neppure in amore” (Ernst Wiechert). Il vero senso universale del Natale.
Mi piacerebbe che quell’”ondata mediatica” si confrontasse con questo senso universale, e allora capirebbe che questa “festa” non può essere strumentalizzata. Solamente perché non si lascia strumentalizzare. Con buona pace di tutti. Per un solo motivo: la verità del Natale non ha bisogno di difensori, ma di testimoni.
Un piccolo consiglio, se mi è consentito, ai miei colleghi presidi.
Non è tolleranza quel “pensiero negativo” che vorrebbe togliere indicazioni di valore, per non, si presume, quasi infastidire chi la pensa in modo diverso. Tolleranza è quel “pensiero positivo” che è inclusivo, che non toglie, ma che aggiunge, che apre pensieri e spazi alla condivisione, sempre nel reciproco rispetto.
La scuola, cioè, è la “casa di tutti” non quando si svuota dei valori personali e sociali, ma quando riempie, arricchisce, offre. Allora è la “casa di tutti”.
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