L’Anp (Associazione Nazionale Dirigenti e alte professionalità), in questi giorni, è pervasa da intensa attività. Dopo aver valutato le norme pattizie derivanti dall’accordo del 16 maggio scorso tra Aran e Organizzazioni Sindacali per il contratto del personale della scuola, ha inviato, in data 6 giugno, una prima lettera al Presidente del Consiglio dei Ministri, ai Ministri della Funzione Pubblica, dell’Istruzione, dell’Economia e delle Finanze, al Presidente dell’Aran ed al Presidente della Corte dei Conti denunciando "i molti profili di illegittimità ed i vuoti normativi (dovuti alla mancata ripresa di precedenti norme contrattuali) che si registrano nella preintesa sul CCNL del comparto scuola, sottoscritta il 16 maggio scorso dall’Aran e dai sindacati Confederali e dallo Snals". Addirittura paventando "l’ingovernabilità gestionale ed organizzativa delle istituzioni scolastiche".
Non ricevendo risposte significative, l’Anp, è tornata all’attacco, coinvolgendo, questa volta, le associazioni professionali Didattica ed innovazione scolastica (Diesse), l’Associazione Professionale europea Formazione (Apef), l’Associazione Nazionale collaboratori Vicari (Anvi) e l’Associazione nazionale Dirigenti e Docenti Comandati (Addoc).
Nella lettera, datata 11 giugno, indirizzata a molti più soggetti istituzionali (non solo al Governo, quindi, ma anche ai Parlamentari delle VII Commissioni e ai Responsabili degli Uffici Scuola dei partiti), si chiede, tra il preoccupato e l’irritato, di "gettare luce sui fatti altrimenti inspiegabili".
E fatti inspiegabili risultano, per le Associazioni firmatarie:
– l’aver sottoscritto un accordo per il contratto scuola "assolutamente non innovativo perché non coerente con le riforme già fatte e da fare ma addirittura capace di stravolgerle";
– l’aver disatteso totalmente "l’atto di indirizzo del Governo che… raccomandava nella contrattazione il riconoscimento della professionalità docente in termini di individuazione di funzioni più complesse e di carriera";
– l’aver mortificato i docenti "mantenuti nella loro omogenea e indistinta compagine impiegatizia";
– l’aver impedito "la formazione e lo sviluppo di quelle alte professionalità".
I dirigenti scolastici vedono anche venir meno il riconoscimento giuridico ed economico dei collaboratori vicari, ai quali attribuire la vicedirigenza e in definitiva si vedono sottratti gli strumenti "per permettere alle scuole di funzionare e a loro stessi la possibilità di assumersi concretamente le responsabilità in una scuola in cui la legge vuole lo Stato non più gestore ma garante".
Altre critiche severe sono rivolte al ruolo delle Rsu che, a parere delle Associazioni firmatarie, consegnano "le scuole e la dignità professionale di docenti e dirigenti ad una minoranza sindacalizzata, in perfetto stile jugoslavo".
Per questi ed altri motivi (si legga il documento integrale) viene chiesto al Governo e al Parlamento "di definire per legge un nuovo stato giuridico degli insegnanti che ridisegni la struttura della professione che sia coerente con l’autonomia scolastica e la legge n. 53/2003".