Negli anni Cinquanta del secolo scorso, come fattorino addetto al recapito dei telegrammi, ho avuto modo di conoscere ambienti eleganti della mia città natìa, Catania, ma anche quartieri fatiscenti e degradati, con tutta la loro “umanità”.
Andai via, all’inizio del 1960, quando non avevo ancora diciannove anni, per percorrere altre strade e non vi ho fatto più ritorno se non per poche ore in occasione di eventi familiari luttuosi. Oggi, grazie ad Internet posso tenermi informato sul presente di quella che fu denominata “la Milano del Sud”.
Apprendo che i quartieri degradati si sono ristretti ma soffrono delle stesse angustie di allora. Altri quartieri periferici sono sorti là dove era campagna e pietra lava ma gli abitanti parlano lo stesso dialetto (il che non è di per sé disdicevole) ma non parlano l’italiano. Molti ragazzi intervistati non hanno fiducia nella “legalità” e soprattutto hanno un’idea della politica che non lascia speranza. Eppure, in questi cinquantasei anni, c’è stato il boom economico, la scuola media unica, il numero dei laureati è aumentato.
Non pochi miei conterranei si sono distinti nelle varie professioni ed attività ma prevalentemente altrove. Non mi vergogno ad ammettere che ho una certa ritrosia a ritornare nella mia città, anche per poche ore, per la paura del dispiacere che proverei nel constatare che tutti questi anni sono passati invano.