I Partigiani della Scuola Pubblica, riguardo alla firma dell’accordo sulla mobilità del 10 febbraio da parte delle sigle FLC CGIL, CISL e UIL e SNALS CONFSAL, replicano ai comunicati trionfalistici diffusi recentemente dai rispettivi segretari nazionali: “E’ una scelta nefasta quella di ipotecare la possibilità di avviare una seria mobilitazione per ottenere un effetto placebo per un anno, spezzando anche il fronte di lotta, favorendo i complicati ed iniqui processi attuativi di una norma incostituzionale !”
I Partigiani si scagliano duramente contro gli accordi raggiunti dai firmatari: Nessun accordo é infatti stato raggiunto sulle modalità di reclutamento dei docenti destinati a finire negli ambiti già da quest’anno; per gli altri la stessa sorte é solo rinviata al seguente, ma sarà inesorabile e ancora peggiore di quella che si profilava con gli accordi del 25 gennaio. Infatti il documento firmato il 10 febbraio prevede una deroga al vincolo di permanenza triennale nella sede individuata per i neo-immessi in ruolo. Questo farà sì che, già dal 2017/18, i docenti soprannumerari si troveranno a competere nello stesso ambito territoriale con i neo assunti che cercheranno di rientrare in sede con la chiamata diretta, modalità di reclutamento espressamente prevista dalla legge 107/2015, che da questi accordi, contrariamente a quanto affermano trionfalisticamente i segretari nazionali, non é stata contenuta, ma solo accantonata per alcune categorie temporaneamente per rientrare prepotentemente e in modo più devastante proprio per i soprannumerari. Costoro, infatti, dal seguente anno si troveranno catapultati nella roulette degli ambiti con gravi e tangibili rischi di essere scavalcati dai neo-assunti e quindi rischiare il licenziamento dopo tre anni. Perché il fine di questa norma incostituzionale, che manda l’orologio del nostro Paese indietro di cento anni, é proprio questo: fatta piazza pulita dei diritti, delle regole e delle tutele, reclutare con sistemi clientelari, per sbarazzarsi dei soggetti liberi.
Con sottese minacce di non rinnovare i contratti, i Dirigenti, che già hanno assunto atteggiamenti repressivi e reazionari, pretenderanno prestazioni non retribuite e così, aggravando di oneri burocratici la categoria, si ridurrà a nulla il tempo che i docenti potranno dedicare alla didattica, le accuse di inefficienza arriveranno dalle famiglie e la categoria sarà sempre più besagliata. Inutile e dannoso quindi un accordo che incostituzionalmente divide i docenti in categorie, spezzando il fronte della lotta e favorendo un accesso graduale agli ambiti e alla chiamata diretta, facilitando così il compito del governo di dividere e imporre. Contro una simile legge, il mondo sindacale dovrebbe agire con una mobilitazione compatta che non lasci al governo altra alternativa che non sia la sostituzione della norma o la resa del mandato! Invece la scelta fa facilmente intuire che ben altri sono i giochi sottesi. Addirittura, in uno scenario così catastrofico per i lavoratori, dove i sindacati più rappresentativi scodinzolano ai tavoli del Miur per poter mettere una firma che li impegnerà a lasciare libero di agire il Manovratore, la Cgil, non parla di nessuna iniziativa di mobilitazione e invece presenta alle assemblee e fa votare una Carta dei diritti dei lavoratori quale Legge di Iniziativa Popolare, sulla quale nessun lavoratore avrebbe mai nulla da ridire.
La Cgil si conferma dunque il Sindacato in giacca e cravatta che non volendo fare ciò che deve per far rispettare i diritti dei lavoratori, fa quello che non gli spetta per gettare fumo negli occhi agli iscritti. I sindacati firmatari hanno, nella scellerata attuazione di questa legge, delle responsabilità equiparabili solo a quelle del governo che l’ha imposta forzando la volontà parlamentare. Pur avendo infatti la rete per poter informare e mobilitare, la possibilità e l’esperienza per programmare ed attuare azioni di contrasto serie, stanno proprio facendo il gioco del nemico che vuole agire indisturbato.”