Nel corso della riunione del G7 dei ministri dell’Istruzione, che si è svolta lo scorso 14 maggio a Kurashiki, in Giappone, si è discusso di implementare un nuovo strumento di valutazione dei giovani che potrebbe fornire un «parametro utile» per misurare i progressi dell’educazione nel settore della diversità culturale.
Un questionario, dicono i ministri, per «misurare» l’apertura alla diversità culturale e la tolleranza dei 15enni che partecipano al test Pisa.
Per questo è stata avanzata, secondo quanto riporta Il Sole 24 Ore, una proposta dall’Ocse per inserire già nel 2018, accanto alla consueta valutazione delle conoscenze in lettura, matematica e scienze, anche un indicatore delle «competenze globali» dei ragazzi. Con l’obiettivo di comprendere gli atteggiamenti dei giovani verso la multiculturalità, i loro valori e il livello di conoscenza delle questioni globali.
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Il nuovo test Pisa, spiega l’Ocse, potrebbe infatti offrire la prima visione completa «della capacità dei sistemi di istruzione mondiali di dotare i giovani delle attitudini necessarie allo sviluppo di comunità pacifiche».
«La capacità delle persone di agire in modo etico e di collaborazione è essenziale per risolvere problemi sempre più urgenti, come l’esaurimento delle risorse naturali e la iniqua distribuzione della ricchezza, ma in molti paesi la coesione sociale è sempre più debole» ha detto al G7 in Giappone Gabriela Ramos, capo Ocse del personale , spiegando che quindi « la sfida è ora quella di incorporare la competenza globale nelle scuole di tutto il mondo, in modo che i giovani siano in grado di affrontare le sfide di un mondo sempre più globalizzato».
Un questionario da affiancare alle prove di matematica, scienze e capacità di lettura per analizzare alcuni atteggiamenti dei 15 enni, come l’apertura e il rispetto per gli altri, la responsabilità, ma anche per «misurare» il valore che i giovani attribuiscono alla dignità umana e alla diversità culturale.
Tutti elementi che concorrono alla valutazione delle nuove «competenze globali», intese come conoscenze «multidimensionali» – spiega ancora l’Ocse – che permettono di stabilire «rapporti produttivi e rispettosi» con persone provenienti da culture diverse.