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Se la chiamata diretta è più “onesta” rispetto a quella della “buona scuola”

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Dimmi chi sei e ti dirò se potrai lavorare nella scuola, o meglio, nella mia scuola. Questo è il rischio in sostanza che si può concretizzare con la famigerata chiamata diretta della “buona scuola”.

Non esiste alcuna graduatoria, ma solo la libera discrezione del DS che comunque dovrà motivare la sua scelta o mancata scelta, se richiesto, ben tenendo conto dei criteri dettati dal PTOF e dagli indirizzi forniti dai vari organi collegiali della scuola. Nel settore pubblico esisteva già una forma di chiamata diretta.

L’articolo 16 della Legge 28 febbraio 1987, n. 56 afferma che le posizioni per le quali non é richiesto il titolo di studio superiore a quello della scuola dell’obbligo possono essere coperte da tutte le Amministrazioni dello Stato tramite selezioni effettuate dai Centro per l’Impiego tra gli iscritti nelle liste di collocamento ed in quelle di mobilità che abbiano la professionalità eventualmente richiesta e i requisiti previsti per l’accesso al pubblico impiego. Le richieste da parte degli Enti pubblici vengono affisse nei locali dei Centri per l’Impiego.

 

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Le persone in cerca di lavoro, qualora interessate ad uno specifico annuncio, comunicano la propria disponibilità tramite una procedura denominata “prenotazione”. Ci sarà una graduatoria, che terrà conti di vari criteri come il reddito e patrimonio del nucleo familiare come da certificazione ISEE (Indicatore della Situazione Economica Equivalente, espresso in punti), l’ anzianità nello stato di disoccupazione.

Ed i lavoratori sono avviati numericamente alla selezione secondo l’ordine delle graduatorie che saranno contestuali ad ogni chiamata e verranno compilate utilizzando il punteggio in ordine crescente. Insomma solo nella scuola si è realizzato il peggio del peggio, unico comparto della Pubblica Amministrazione, ove è stata testata pienamente quel modo di procedere tipico delle aziende che operano nel settore privato. Ma la scuola è cosa pubblica o privata?