Ormai è iniziato l’anno scolastico 2016/17, inizia a dispiegare i suoi effetti la legge 107, legge che ricordiamolo è stata voluta da un governo posticcio che ha riferimenti più nella troika che nell’elettorato italiano, e che nell’ambito di una filosofia “aziendalistica”, consegna la chiamata diretta, una volta incostituzionale, ai presidi delle varie “unità produttive”. L’oggettività e la costituzionalità di una graduatoria a cui attenersi viene superata in “ambiti senza gradazione” dove conta tutto tranne l’e-s-p-e-r-i-e-n-z-a lavorativa che invece conta in qualunque mansione del “privato”.
Lo stesso procedimento amministrativo risultava più razionale con “la graduatoria”, bastava dare più peso a certi indicatori e meno ad altri e si otteneva una graduatoria e non un ambito con campi “orizzontali”. La legge 107, propagandata dal mainstream come frutto di consultazione con la scuola, in realtà è un atto unilaterale, tra l’altro tecnicamente costruito in organismi esterni al processo democratico e istituzionale e su cui pende la possibilità di referendum abrogativo.
Ma le amenità della legge 107 sono tali da contrastare anche la libertà di insegnamento, libertà già in rapporto dialettico con il ruolo del collegio dei docenti introdotto nei decreti delegati del ‘74 e ulteriormente compressa nelle programmazioni “dipartimentali” tanto care al processo creativo dell’autonomia scolastica. Ora ci dovremo abituare, nella migliore delle ipotesi, a presidi che per evitare “cadute di performance” riorientano, almeno il personale di “ambito”, nella didattica rendendola per esempio più gradevole alle famiglie, e tralasciamo tutti i meccanismi umani di adattamento che “anticipano le richieste”. Comunque sulla 107 è stato scritto moltissimo e molto sarà scritto dalle deleghe legislative ed è inutile dire che cambierà in peggio l’ambiente di lavoro.
Le assunzioni sono state fatte con un articolato piano di mobilità, che non solo ha creato disparità di trattamento, ma ha favorito l’esodo dei docenti dal sud al nord, quello che qualcuno ha tristemente definito “la cacciata”. Infatti l’esecutivo era in debito con la giustizia europea per “abuso di contatto determinato” e ha dovuto fare un piano di assunzioni in fretta e in furia, su cui sarebbe inutile citare le distorsioni che l’organico di “potenziamento” ha creato.
Naturalmente il piano di mobilità e’ basato su un algoritmo “segreto” che non sappiamo quanto rispetti la contrattazione di disciplina, ma del resto già Brunetta aveva ribaltato la gerarchia delle fonti normative, relegando la contrattazione a livello inferiore rispetto alla legge..in questo caso nessuno ha tuonato contro la violazione del processo di delegificazione che in altre occasioni era additato come la panacea di ogni male. Se si voleva dare un serio contributo alla Scuola, bastava per esempio prevedere sezioni di scuola con classi più piccole rispetto alle attuali, sfruttando l’incremento di organico per diminuire il numero di alunni per classe.
Il problema del curricolo verrà affrontato, statene certi, in chiave aziendalista: con slogan tipo “troppe materie, togliamo materie inutili, lingue morte, valorizziamo il curricolo implicito a scapito di quello esplicito, affidiamo a terzi “esternalizziamo”, ecc. E’ inutile spiegare alla Confindustria che per esempio il Latino è una materia “scientifica”, che il processo creativo di traduzione delle versioni è equivalente al processo di soluzione dei problemi di Fisica e quindi permette lo sviluppo della “mentalità scientifica”…queste cose non interessano e sono sorpassate dalle frontiere dionisiache e diofantee della scuola 2.0.
La valutazione del docente, diventa una valutazione intrusiva e non partecipata al fine del miglioramento del processo di lavoro, utile al fine di creare una lista di proscrizione di “immeritevoli” che saranno parcheggiati, nel limbo del licenziamento e mobilità extramministrazioni. I sindacati hanno provato a cercare di mitigare gli effetti distorsivi più evidenti ma il governo, sempre aperto alle istanze della Anp quando si tratta di tutele crescenti per i presidi, è sordo alle richieste del mondo della scuola.
L’esecutivo, ha cercato di compensare la caduta di credibilità e di consenso con i “concorsoni” che sono un imbuto: largo all’inizio e stretto alla fine! Per cui opererà inesorabilmente il meccanismo delle aspettative crescenti dei candidati e dell’opinione pubblica e amplificherà il disastro della “delusione” degli esclusi, non credo che nessuno in Viale Trastevere si pone minimante il problema dell’instabilità degli equilibri competitivi, purtroppo ascoltano troppi Zingales e Boldrin e molto il “dottor” Giannino. Manca proprio la “vision”, cioè quella che richiedono, ironia della sorte, alla “scuola dell’autonomia”.
Per la valutazione dei dirigenti scolastici, che dire?…a parte che è 16 anni che prendono la retribuzione di risultato, cioè da quando se ricordate sia “supplenti” presidi incaricati anche solo biennali sia presidi effettivi hanno fatto il “corso dirigenziale”, quello da 200 ore per la qualifica di dirigente scolastico. Quindi i dirigenti (“scolastici” come sottolineano i sindacati dei dirigenti apicali della PPAA) hanno raggiunto per 16 anni risultati autovalutanti, ma dovrei dire autoreferenziali tanto che nei contratti di settore era completamente assente la parte delle sanzioni disciplinari. Poi l’Anp ha chiarito che i presidi, oberati da carichi di lavoro indicibili, posso fare circolari e Rav, come dire, anche un po’ carenti linguisticamente e logicamente.
Però possono valutare i docenti, o meglio vorrebbero. Dulcis in fundo si afferma il principio per cui la valutazione dei dirigenti non è “terza” . Infatti è chiaro (per l’Anp) che ci vuole il dirigente scolastico in commissione, magari in modo che orienti, che spieghi, difenda, dia una mano per evitare gli eccessi “contrastivi” alla Max Bruschi per intenderci. In democrazia i voti si “contano” e “non si pesano”, per cui il governo alla fine avrà il consenso dell’Anp e poco più … chissà che gli avranno detto gli amici della J.P. Morgan, forse che non si vota più?…mah!
Sulla valutazione del sistema scuola ci sarebbe molto da dire, cominciamo dal fatto che deve esserci un problema di “aria” e di “ossigeno” perché non si spiega il “mistero buffo” dei ragazzi italiani che escono dal circuito scolastico-universitario nostrano, molto screditato, e…improvvisamente, all’estero diventano bravissimi superando i loro colleghi che escono da sistemi decisamente più blasonati. L’unica spiegazione scientifica è che l’aria all’estero sia più ricca di ozono e quindi mette in moto dei metabolismi neurocognitivi che impattando sulla struttura dell’homo italicus, generano eccellenze. Certo occorre non prendere in considerazione che i dati potrebbero essere sbagliati, falsati, mal interpretati, ma nessuno controlla il controllore si sa. Si potrebbe fare un esperimento che gli amici di ROARS (Return on Academic Research) hanno fatto. Hanno preso una di quelle classificazioni delle università internazionali, tanto per intenderci una di quelle che vede le università statali italiane in posizioni di retroguardia e che non comprendono mai la Bocconi… e hanno fatto una cosa semplicissima: hanno diviso “gli indicatori” della classificazione di ciascun ateneo per la spesa necessaria, il risultato ha ribaltato le posizioni delle università italiane che possiamo sintetizzare così: le posizioni ufficiali non sono certamente esaltanti, tuttavia visto quanto spendiamo (in ricerca quanto l’acquisto del cartellino di un bravo giocatore di calcio) sono ottime!…ecco analoghe considerazioni si potrebbero fare per la Scuola italiana.
La scuola italiana è un ambiente materiale di tipo brechtiano, cioè “essenziale” dove conta l’attore e non la scenografia. In effetti gli edifici sono splendidamente inadatti e vetusti, la sicurezza è “fai da te”, gli ambienti di lavoro e di studio sono da archeologia industriale, internet ha una banda larga lentissima, la dotazione tecnologica è in funzione delle risorse che possono essere disponibili, per cui è penosa. Ecco nonostante le cucine e gli ingredienti “, i cuochi” riescono a produrre risultati pregevoli, perché?,,,perché sono bravi cuochi ovvio!
Il precariato, malato cronico di “supplentite” è affrontato negli stessi termini con cui un medico (impazzito) affronterebbe un malato, dando la colpa al paziente della sua stessa malattia: la supplentite non è risolta perché continuano a formarsi piaghe da precariato patologico. L’approccio dovrebbe essere complessivo, non settoriale, dovrebbe riguardare innanzitutto come qualificare e rilanciare il mercato del lavoro italiano che sarebbe il caso che offrisse una adeguata collocazione ai giovani laureati, l’Amministrazione dovrebbe stabilizzare il precariato esistente coprendo ben oltre l’organico di diritto.
Questo non viene fatto per i “vincoli europei” che vanno dalle magie contabili che le “partite di spesa straordinarie” offrono e dall’impossibilità di operare in deficit spending. In ogni caso per la tipologia di servizio offerto, una percentuale fisiologica di precariato è ineliminabile e l’afflusso di precari dovrebbe essere anche un modo di preservare la “diversità” docente e il collegamento reale con la società, quindi entro certi limiti un’esperienza necessaria e positiva.
Il percorso per diventare docenti è lungo e farraginoso, francamente è più semplice entrare alla NASA:
laurea magistrale+(TFA-SISS-abilitazione)+precariato+concorso per abilitati+tirocinio lavorativo =
docente di ruolo = 10-13 anni!
Da qui i “viaggi della speranza” in Romania, Spagna, Austria, Svizzera…sarebbe poi il caso che la magistratura desse un’occhiata per tranquillizzarci che l’indotto dei corsi vari, delle preparazioni, delle batterie di test anche in pillole, siano tutti più che limpidi e privi di conflitti di interesse o al massimo solo una mera conseguenza delle inefficienze amministrative, e non abbiano, oltre che il lucro, qualche “capacità di orientamento” delle scelte amministrative.
Venghino signori, venghino c’è l’organico docente che è un oggetto misterioso! Infatti si presta ad ogni sorta di manipolazione e di prestidigitazione: voglio dire che i precari sono troppi?…voilà parlo solo di contratti e non di posti o cattedra. Voglio dire che i docenti italiani sono tanti, fuori dalle dimensioni europee?.. voilà ci metto dentro i docenti di sostegno, quelli di religione, gli ITP e ci sarebbe un discorso di “esternalizzazione” sugli insegnanti di Scienze Motorie.
Voglio dire che il sostegno è garantito agli allievi h?.. evito di ricordare che quando l’Amministrazione è soccombente, provvede ad assegnare le ore all’allievo ma le toglie da un altro che non ha fatto ricorso o che è inserito in contemporanea insieme ad altri allievi h con il medesimo insegnate di sostegno. Voglio dire che gli insegnanti italiani lavorano poco?.. evito di parlare di quale sia il tempo di preparazione di una lezione digitale, evito di parlare della norma contrattuale che prevede le ore di preparazione alle lezioni, gli altri impegni non curricolari “dovuti”.
Il “potenziamento” lo scorso anno era una risorsa è andava supplita se assente, quest’anno la supplenza configura il danno erariale. Naturalmente non mancano mai i detrattori delle “vacanze lunghe” dei docenti che fanno confronti “scientifici” con i settori nazionali del privato, ignorando e sminuendo il confronto europeo che qui ci vede ai primi posti per “giorni di scuola”.
Le retribuzioni e la spesa sull’istruzione: sono le piu’ basse d’Europa, sia in termini di valori assoluti, sia in termini di “incrementi”. Dunque è stato bloccato il contratto da 8 anni, sono stati congelati gli scatti, è stato allungato lo scaglione retributivo base di ingresso a 10 anni per i neo immessi in ruolo (una manciata di euro li dividono dalla linea delle retribuzioni A.T.A.), è stato tagliato il fis e le spese di funzionamento, i residui attivi del MIUR sono stati radiati (crediti che le scuole vantavano nei confronti del Ministero), le ore eccedenti non sono piu’ pagate in estate, il “dimensionamento” e altre “razionalizzazioni, gli esodati dell’allungamento “solare” dell’età pensionabile (+ 5 anni le donne,+2 anni gli uomini). Insomma oltre 40 miliardi di “tagli”, qualcosa di molto simile a 100.000 miliardi delle amate lirette. Naturalmente c’è sempre chi presenta “il buco previdenziale” derivante dall’accorpamento INPDAP-INPS, facendo finta di non sapere che le Amministrazioni Pubbliche versano si…certo che versano…ma sono contributi figurativi e partite di giro contabili.
Ma mentre il gap delle retribuzioni salariali dei docenti è incolmabile in qualunque classifica per quanto riguarda i dirigenti scolastici, sono state incrementate le retribuzioni complessive e si allineano con molte di quelle europee. E’ il mondo alla rovescia della Scuola italiana, dove con una mano ti danno gli 80 euro e con l’altra te le richiedono indietro e magari ti sbloccano pure il contratto così prendi meno degli 80 euro. Incredibile, ma vero.
Ora ci chiediamo, se queste sono le “ombre”, ci sono ragioni di speranza e di positività nel lavoro che facciamo per il nostro Paese e per i nostri studenti?
Certo che ci sono e queste non ce le possono togliere nemmeno gli emissari degli usurai come li chiamava folkloristicamente lias Kasidiaris (discorso contro il memorandum), un parlamentare greco.
La Scuola italiana per esempio, visto che siamo un paese industrializzato, ha creato quel bacino di cervelli laureati che ha permesso al nostro Paese di accettare la competizione internazionale, o qualcuno crede che se i laureati fossero stati quelli che assumeva Agnelli o Tronchetti Provera e tutti gli altri “industriali” del nostro Capitalismo senza Capitale (come lo chiamava Colajanni), il nostro Paese sarebbe stato solo a poche posizioni dalla media? Eh no, non ci stiamo, la Scuola italiana ha collocato i laureati che il mercato privato, molto impegnato a comprare immobili e BOT e meno in ricerca applicata, non riusciva ad utilizzare portando il Paese a livelli standard occidentali e non “africani”. Quindi se abbiamo un mercato delle tlc che è uno dei più importanti al mondo, lo dobbiamo anche ai laureati fannulloni da 18 ore a settimana, sarà meglio ricordarlo a certi salotti che prima di parlare dovrebbero almeno pagare le tasse in Italia.
A scuola arrivano i ragazzi stranieri NAI, non sanno quasi nulla di Italiano, eppure vengono inseriti in classe, eppure la maestra, i docenti, la scuola se ne fanno carico e li portano in avanti in un percorso di inserimento e integrazione proficuo e senza grossi traumi, sono magari il 10% degli studenti. Se all’Unicredit, con circa 60.000 dipendenti in Italia, arrivano 6000 lavoratori stranieri provenienti da paesi diversi, che non sanno una parola di italiano, funziona tutto? Gli aziendalisti della qualità totale che dicono?
A quelli che ci spiegano la flessibilità del mercato del lavoro, lo sanno che ci sono laureati che sono disponibili su tutto il network nazionale delle scuole, pronti con il loro trolley a raggiungere qualunque destinazione e con un ampio spettro di “mansioni” e non per brevi periodi, ma per decenni? …vogliamo spiegare la flessibilità del mercato del lavoro ai docenti precari ?..ma anche no direi!
Spesso mi capita di dire che quando ci sono problemi sociali i “sensori” sono tre non necessariamente in questo ordine: il poliziotto, il medico, l’insegnante. Allora lo vogliamo dire o no che la Scuola ha tenuto insieme questo Paese, che gli insegnanti hanno avuto un ruolo strategico nell’attenuare le asimmetrie sociali e le istanze più radicali? Nel rispondere alla crisi della famiglia? Ce l’ha o no questo ruolo di collante sociale la scuola “in presenza” o è stato tutto appaltato ai “corsi on line”?
Il lavoro dell’insegnante è uno dei piu’ belli che ci siano, è bellissimo vivere con i giovani e vederli crescere, è il miglior antidoto all’invecchiamento fisico e mentale. Quanta grande soddisfazione può dare trasmettere le proprie conoscenze, progettare percorsi di studio, gratificare, valutare equamente, far “crescere” i futuri cittadini, perché gli insegnanti credono che un cittadino deve avere un posto di lavoro. E’ giusto? O vogliamo il “centro di addestramento” e non la scuola?…Vogliamo sviluppare la creatività, il pensiero laterale, l’equilibrio personale o no? Ci bastano degli “esecutivi” privi di qualunque spirito critico?
L’insegnante,, l’educatore è in un continuo processo circolare: l’educatore educa ma viene anche educato, inoltre è anche un “rivoluzionario” perché educa ai valori di libertà, di democrazia, di rispetto ed equità. Queste cose servono alla società dei nostri figli, quella che come diceva Gibran abita le stanze dell’avvenire che noi non passiamo vedere…
E poi come fece capire Primo Levi in “Se questo è un uomo” (L’esame di chimica, capitolo 10), la scuola salva la vita!
Per questo dobbiamo tutti augurare un buon lavoro a tutti i docenti, nonostante le miserie del quotidiano, sappiamo che daranno ancora molto a questo Paese e al suo futuro, troika permettendo.