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La meritocrazia solo a parole

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Nella scuola si fa un gran parlare di concorsi e di meritocrazia.  Si è sempre detto che il modo più oggettivo per misurare la meritocrazia è il concorso. Tutti gli altri criteri per misurare il merito sono empirici e perciò influenzati da numerosi variabili.

Quindi vincere una cattedra attraverso un concorso dovrebbe essere la garanzia più oggettiva del merito e, conseguenzialmente, il diritto giuridico più solido nel mantenerla rispetto alle altre forme. Eppure non è così.

Nel paese dove ci si riempie la bocca nel richiedere il merito quello che alla fine dei conti non viene riconosciuto è proprio il merito.

Parlo del concorso dei docenti del 2012, il più massacrante tra i concorsi fatti nella scuola: 11.000 posti per 330.000 candidati! Un posto ogni 33 partecipanti.

Faccio l’esempio dell’insegnante Francesca (nome immaginario).

Francesca ha 35 anni, una laurea in Lettere presa con 110 e lode, 3 Master, 2 abilitazioni, 5 anni già di insegnamento alle spalle ed è inclusa nelle GaE in buona posizione. Ma Francesca sa pure che, coi tempi che corrono, forse entrerà di ruolo attraverso le GaE tra 6-7 anni.  Allora il concorso  è per lei un’occasione da non perdere.  Studia, si prepara per mesi.

Supera il test iniziale: 50 risposte su 50! Supera lo scritto e l’orale con ottimi voti. Alla fine risulta proprio VINCITRICE (non idonea…),  al  76 posto sui 213 messi a concorso nella sua regione. E’ fatta, il suo impegno e la sua preparazione è stata premiata: il merito esiste!  Purtroppo non viene immessa in ruolo già al 1 settembre successivo ma dovrà attendere un altro anno. Non fa niente, un anno più o un anno in meno non fa troppa differenza, ormai il ruolo è sicuro.

Mentre Francesca continua ad avere l’ennesima nomina a TD in attesa dell’anno successivo per l’immissione in ruolo, all’orizzonte si affaccia Matteo Renzi.

Matteo Renzi  ha una moglie che sta nelle GaE e che, purtroppo per lei (e per lui), non è riuscita a superare il concorso. Allora cosa ti inventa il piacione? Tutti gli inseriti nelle GaE  e nelle GM (nella scuola dell’infanzia e primaria una marea…) saranno immessi in ruolo ipso facto. Quindi la povera Francesca, se non avesse partecipato al concorso, sarebbe comunque entrata in ruolo l’anno successivo, e nella stessa provincia dove avrebbe  avuto la cattedra da concorso.

Dopo solo un anno dalla sua immissione in ruolo da concorso, Francesca si ritrova con colleghi inclusi nelle GaE e GM immessi in ruolo (molti senza un minimo di esperienza di insegnamento), che non hanno vinto il concorso o che, addirittura, non vi hanno partecipato proprio.  Ora giuridicamente (questo è il brutto) sono sullo stesso livello, vincitori e vinti.  Anzi, la Buona S(cu)ola di Renzi, si è inventata la chiamata diretta laddove un DS può ben decidere di preferire l’insegnante X a Francesca.

Mettetevi nei panni di Francesca ma fatelo nel modo più obiettivo possibile. Superare il concorso per Francesca, e non solo, è stata la vittoria di Pirro.

Ora, e concludo, se in questo paese esistesse veramente la meritocrazia, nella chiamata diretta da parte dei DS, i vincitori di concorso dovrebbero avere una priorità rispetto agli altri. La cattedra l’hanno vinta perché se la sono guadagnata con enorme fatica e non attraverso una sanatoria…

Dovrebbe essere proprio la legge, nel rispetto del diritto pubblico e privato, a tutelare i vincitori di concorso, al di là della meritocrazia acclarata.

Ma si sa, noi siamo italiani, siamo solo buoni a parlare di merito quando riguarda gli altri, poi, nella pratica…