Home Archivio storico 1998-2013 Generico Un giudizio sulla condanna subita dal preside del liceo di Rho

Un giudizio sulla condanna subita dal preside del liceo di Rho

CONDIVIDI


Nei giorni scorsi il preside del liceo "Majorana" di Rho è stato condannato a un anno e otto mesi per "favoreggiamento" e "agevolazione dolosa allo spaccio" perché non avrebbe fatto nulla per impedire la diffusione dello spinello fra i suoi studenti. L’accusa al dirigente scolastico, peraltro descritto da molti alunni ed insegnanti come "un capo d’istituto esemplare", impegnato a far capire ai suoi allievi che il ricorso a ogni forma di droga è sbagliato, era stata mossa da due ex insegnanti della stessa scuola della provincia milanese. Sulla clamorosa sentenza riportiamo un intervento dell’on. Alba Sasso, componente Ds in Commissione cultura e istruzione alla Camera dei Deputati:

"Leggendo notizie come quella del preside di Rho, condannato perché avrebbe lasciato che nel suo istituto i ragazzi fumassero  spinelli, tornano alla mente le riflessioni di Foucault sulle strutture repressive e sul controllo. E fa paura pensare che qualcuno possa concepire la scuola come un’istituzione chiusa, un moderno "panopticon" in cui un preside  guardiano o secondino debba controllare costantemente e incessantemente tutto e tutti, per essere a sua volta controllato e punito qualora non sia intervenuto a sorvegliare e reprimere.
Fa paura accorgersi che quest’idea di scuola, intesa come struttura repressiva e di controllo, non è poi così lontana dalle idee di una destra e di un ministro che l’anno scorso pensò bene di organizzare un convegno sul disagio giovanile e sulla dispersione scolastica non all’interno di una scuola pubblica, ma a San Patrignano.

Non siamo in pochi a pensarla diversamente, a pensare che la scuola debba avere un ruolo altro: quello di mettere le persone in condizione di crescere, di maturare e di sviluppare spirito critico e capacità di autonomia. Certo la scuola non può chiudere gli occhi di fronte a situazioni di disagio e di difficoltà. Ma può farlo solo a partire dalla sua funzione educativa e culturale. Aiutare i ragazzi a difendersi dalla droga  significa saper far crescere in loro la cultura della vita rispetto a una cultura di morte. Anche usando severità e rigore. Ma senza "medicalizzare" e reprimere. E soprattutto senza inventarsi impropri ruoli da sceriffo . Ecco perché trovo sbagliata la decisione di punire il preside dell’istituto milanese: una decisione che sgomenta anche per il modello e per l’idea di scuola a cui rinvia".