Se la scuola non è in sicurezza e il preside la chiude per pericolo “grave e immediato”, bisogna tutelarlo dal reato di interruzione di servizio pubblico o procurato allarme.
È da questo presupposto che nasce un disegno di legge, presentato a Palazzo Madama, da Laura Fasiolo (Pd), che in tal modo intende modificare il decreto legislativo del 9 aprile 2008 n. 81 sulla sicurezza nei luoghi di lavoro.
La proposta di legge, assegnata alla commissione Istruzione di palazzo Madama, intende scongiurare la possibilità che i dirigenti scolastici possano essere additati di responsabilità penali: per questo, mira ad offrire una tutela a quei presidi (ma potrebbe riguardare anche i responsabili di ospedali o carceri) che sulla base di un proprio esame della situazione ritengano di dover procedere all’immediata evacuazione, totale o parziale, della struttura sottoposta alla loro responsabilità.
La decisione dei ds può giungere, ricordiamo, a seguito di terremoti, calamità naturali, o minaccia ritenuta credibile e fondata, tale comunque da richiedere una decisione in tempi rapidi.
Tutto nasce dal fatto, scrive Fasiolo nella relazione, che “si attribuiscono ai dirigenti o funzionari preposti ai pubblici uffici, ivi comprese le istituzioni scolastiche ed educative, ampi poteri per fare fronte a situazioni di grave ed immediato pericolo, affinché si possano adottare i provvedimenti più idonei, senza avere timore di ripercussioni di carattere penale. Così facendo si mira a tutelare l’incolumità fisica dei lavoratori e degli utenti dei servizi pubblici”.
Il testo del ddl si compone di due soli articoli: “In caso di pericolo grave e immediato, i dirigenti preposti a pubbliche amministrazioni o a pubblici uffici, ivi comprese le istituzioni scolastiche ed educative, hanno il potere di interdire l’utilizzo parziale o totale dei locali e degli edifici assegnati, nonché di ordinarne l’evacuazione, avvalendosi della facoltà di cui all’articolo 2 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773”.
“Nei casi suddetti non si applicano gli articoli 331, 340 e 658 del codice penale”, quelli relativi, appunto all’interruzione di pubblico servizio e al procurato allarme, che prevedono pene, rispettivamente, di un anno e di sei mesi”.
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Il secondo e ultimo articolo del ddl stabilisce che “la valutazione della gravità ed immediatezza del pericolo è compiuta con la diligenza del buon padre di famiglia e in relazione al preesistente stato dei luoghi, tenendo in considerazione la presenza di utenti del servizio nei locali ed edifici. Della avvenuta interdizione o evacuazione è data tempestiva notizia alle amministrazioni tenute, per effetto di norme o convenzioni, alla fornitura e manutenzione dei locali e degli edifici in uso, nonché alla competente autorità di pubblica sicurezza”.
L’iniziativa legislativa sarà illustrata in conferenza stampa al Senato martedì 25 ottobre alle ore 13. La senatrice Fasiolo, dirigente scolastico in un istituto professione, ha spiegato all’Adnkronos che l’iniziativa è nata a seguito di un’esperienza personale: “mi son sentita in dovere di farlo non solo per la mia esperienza di dirigente che si è trovata, come tanti colleghi, a fronteggiare serie preoccupazioni di fronte a situazioni di potenziale rischio per la sicurezza personale degli studenti e del personale, ma anche per un caso specifico che ha riguardato un dirigente scolastico all’epoca del terremoto dell’Aquila”.
Il ds è Livio Bearzi, unico detenuto per le vicende giudiziarie seguite al sisma del 6 aprile 2009 a seguito di una condanna per omicidio colposo, dopo il crollo parziale del Convitto ‘Domenico Cotugno’. Con gli anni, si è arrivati alla scarcerazione, fino all’affidamento ai servizi sociali nel dicembre 2015.
“Malgrado avesse avuto l’ok nei giorni precedenti a proseguire l’attività da parte dei tecnici incaricati – racconta la preside ‘democratica’ – un’ala del convitto venne giù: lui, che con la famiglia dormiva nell’edificio, si salvò”, ma tre studenti persero la vita”.
Fasiolo tiene a sottolineare che quel preside è “stata l’unica persona condannata. E si tratta di un uomo ligio, serio, disponibile”, per il quale, tra l’altro, è stata inoltrata domanda di grazia al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
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