“Una politica seria per l’educazione e la scolarizzazione rivolta a tutte le fasce d’età sarebbe la risposta migliore alle bufale e alle bugie su internet“.
A sostenerlo è stato Enrico Rossi, presidente della Regione Toscana e candidato alla segreteria del Pd, attraverso un ‘post’ pubblicato il 3 gennaio sul suo profilo Facebook.
Il governatore ha scritto che “questo non si fa perché richiederebbe impegno, la costruzione di un piano, l’assunzione di insegnanti e l’apertura di centri di formazione nei territori. Seminare oggi per raccogliere domani. E figuriamoci se oggi la politica ha voglia di durare questa fatica”.
Invece, dice Rossi, “tutti a parlare di post verità e di bufale su internet, preoccupati che il popolo possa essere raggirato, illuso e fottuto. E allora si pensa a regole e addirittura a leggi. Come si potesse stabilire per legge ciò che si deve e non si deve dire in una piazza”.
Insomma, secondo Rossi la scuola servirebbe prima di tutto a permettere di discernere tra il vero e il falso. Tra bufale e cose reali.
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Poi il governatore conclude con una frase che farà discutere: “Peccato che nessuno parli del fatto drammatico che siamo un Paese con 36 milioni tra semianalfabeti, analfabeti totali o di ritorno. Una massa di persone povere e impoverite ed escluse dalla crescita e dallo sviluppo del Paese”.
Riteniamo più che condivisibile la volontà, espressa dal presidente della Regione Toscana, di migliorare la scuola e la formazione scolastica.
Meno, quello di etichettare gli italiani come un popolo di semianalfabeti o analfabeti totali: forse, Rossi è rimasto indietro di 50 anni. Oppure, più probabilmente, ha solo cercato di estremizzare un concetto non rendendosi conto che l’analfabetismo è un’altra cosa.