Tra i tanti mali della scuola italiana vi è quello delle classi pollaio, ossia delle aule che contengono oltre 34-35 alunni, fino ad arrivare in alcuni casi anche a 38-40 alunni.
Ma come si fa ad insegnare in classi cosi numerose? I docenti vengono sottoposti ad uno sforzo psico-fisico notevole. E poi i compiti da correggere, le verifiche orali da fare. Non basta un intero quadrimestre ad interrogarli tutti.
Ma dai vertici del Miur, nonostante conoscano bene la problematica, continuano a fare orecchi da mercante. Il problema c’è ed è lapalissiano perché l’obiettivo del Ministero è quello di accumulare e non acculturare, con il preciso disegno politico di risparmiare soldi sulla pelle dei docenti.
Altro che Buona Scuola! Questa è non è la scuola che forma ma che deforma, non è la scuola che include, ma che esclude, non è la scuola che assume, ma che illude migliaia di giovani docenti alle prime armi nella professione insegnante, non è la scuola che compie il ricambio generazionale, ma che fa restare dietro la cattedra personale docente che ha oltre quarant’anni di insegnamento e che non vede l’ora di godersi la meritata pensione.
Le classi pollaio rappresentano, dunque, l’altra faccia della medaglia della tanto sbandierata “Buona Scuola”, quella discussa legge n. 107/2015, considerata tutt’altro che una Riforma, ma soltanto un ulteriore tentativo da parte dello Stato di non dimostrare di avere alcuna forma di rispetto per la professione docente, già tanto vituperata ed emarginata dalla società.
Per lavorare bene e formare nel modo giusto facendo acquisire agli alunni quelle competenze spendibili nella vita le classi non devono essere formate da più di 22 alunni, un numero che scende se vi è un alunno disabili. Invece ci sono, purtroppo, realtà scolastiche in Italia le cui classi pollaio includono anche gli alunni disabili.
È veramente vergognoso e non si può minimamente pretendere di elevare le conoscenze e le competenze degli allievi avendo dinanzi scolaresche di circa 40 alunni. Per di più la generazione di oggi che è turbolenta, frizzantina, irrispettosa delle regole della convivenza civile non può permettersi il lusso di stare in classi numerosissime. Uno Stato che pensa solo a risparmiare sui è uno Stato patrigno che non rispetta e ama i propri figli, cioè i cittadini, in questo caso i docenti.
Il fenomeno delle classi pollaio che la legge 107/2015 aveva, in qualche modo, inteso eliminare non è affatto avvenuto perché la “Buona Scuola” non ha affrontato in maniera strutturale le problematiche le problematiche ad essa inerenti, ma ha soltanto prodotto una Riforma di facciata, come quella di un palazzo dove si tinteggiano le pareti esterne mentre le fondamenta sono fradice e pericolanti.
L’intento dello Stato è solo di tipo economico: risparmiare, risparmiare, risparmiare. L’importante è che si taglia non con raziocinio ma a colpi di machete. E guarda caso i settori dove tagliare la spesa pubblica sono sempre due: la scuola e la sanità. Si faccia urgentemente una politica scolastica seria.
La scuola la attende da oltre cinquant’anni ma il carosello dei Ministri del Miur non ha ancora messo mano ad una riforma organica e soprattutto strutturale.
Abbattere tutto e ricostruire dalle fondamenta. Questo manca alla scuola!