Il ministro dell’Istruzione, Valeria Fedeli, ha un compito a dir poco ostico: convincere gli insegnanti che la Buona Scuola è un’ottima riforma. Ma anche capire come migliorarla.
Perché, dice al Messaggero, la Legge 107/15 “ha introdotto qualità e innovazione, oltre ad aver messo in campo uno straordinario investimento economico di 3 miliardi di euro e oltre 90 mila assunzioni. Si è trattato di un processo di cambiamento fortissimo. Proprio per questo credo che sarebbe stato necessario coinvolgere prima tutti i soggetti interessati. Forse è stato proprio questo il problema, il motivo della cesura con il mondo della scuola: la mancanza di un dialogo, sia sui tempi sia sulle modalità di attuazione”.
Forte degli errori compiuti, ammessi anche dall’ex premier Renzi, anche poche ore prima sul palco del Lingotto di Torino, la Fedeli ha un obiettivo molto chiaro da raggiungere: “credo molto nella condivisione dei percorsi da attuare: ci diamo un obiettivo da raggiungere e decidiamo insieme come arrivarci nella maniera migliore possibile”.
Poi annuncia il suo piano. “Occorre superare il precariato e dare qualità al ruolo del docente”. E spiega come: “Innanzitutto con un nuovo reclutamento”. Sull’immediato, il ministro conferma la fase “transitoria che serve proprio per affrontare seriamente quello che, di fatto, è uno dei maggiori problemi della scuola italiana. Già con la legge della Buona scuola sono previste le immissioni in ruolo per i precari e il piano andrà avanti. Non possiamo risolvere tutto in un anno: nel 2017-2018 ci saranno ancora cattedre assegnate ai supplenti perché di certo non possiamo lasciarle scoperte. Ma andranno via via diminuendo”.
Conferma, però, anche il progetto sulla formazione obbligatoria in itinere. “Ai docenti poi chiediamo sempre più qualità e sempre più formazione, compresa la formazione in servizio. Di contro abbiamo l’obbligo di valorizzare il loro ruolo anche economicamente”.
{loadposition carta-docente}
Poi ammette: “Chi entra nella scuola come docente altamente formato deve avere anche un riconoscimento economico”. E il rinnovo? “Deve obbligatoriamente arrivare, è un impegno che ci siamo dati. Non è accettabile che il contratto sia fermo da 7 anni.
Aspettiamo l’iter previsto per il decreto Madia, ora all’attenzione delle Commissioni parlamentari, e poi procediamo con il rinnovo. Probabilmente entro l’anno».
L’importo degli aumenti non si dovrebbe discostare molto da quello che “riguarda tutta la pubblica amministrazione. È previsto un aumento medio di 85 euro, declinati poi sulle diverse professionalità”.
I 500 euro di autoaggiornamento, non sembrano, invece, più una certezza. A domanda: “Il bonus di 500 euro per la formazione resterà?”, Fedeli risponde: “Dobbiamo capire come e se ha funzionato. Faremo un esame dal punto di vista qualitativo e quantitativo dell’uso del bonus. Per quest’anno, comunque, resta di sicuro”. Ma questo si sapeva, visto che i docenti possono fruire dello scorso mese di novembre del cosiddetto “borsellino” elettronico.
Pure sul merito professionale, quest’anno assegnato ad un docente su tre, si prevede qualche novità: “La carriera di un docente va valutata nel suo insieme, anche considerando, ad esempio, il tempo che impiega per la formazione. Sulla questione del merito stiamo ascoltando tutte le parti coinvolte, perché vogliamo adottare uno strumento che prenda in considerazione tutti gli aspetti del lavoro dell’insegnante. Uno strumento che sia condiviso per evitare elementi che possano creare difficoltà”. Anche su questo fronte, quindi, le proteste pesano. E il Governo non può continuare a dire solo che va tutto bene.
{loadposition deleghe-107}
Sull’avvio del prossimo scolastico, Fedeli confida in un miglioramento, rispetto a quanto accaduto a settembre 2016, perché “una parte dell’organico di fatto diventerà organico di diritto”.
Poi conferma la linea sui trasferimenti 2017/18: ci saranno delle eccezioni, ma proprio perché tali, stavolta saranno valutate caso per caso: “solo per quest’anno è prevista una deroga al blocco triennale della mobilità, ma sarà una mobilità parziale, solo volontaria e non su tutti i posti e, inoltre, daremo maggior rigore all’utilizzo e alla gestione delle assegnazioni provvisorie”.
Qualche limatura arriverà anche a proposito della discussa chiamata diretta: “Stiamo discutendo con gli interessati per raggiungere uno strumento più trasparente ed efficace, per consentire la chiamata diretta da parte dei presidi. Stiamo discutendo con i sindacati, ad esempio, sui requisiti richiesti per il docente. Se il metodo è condiviso, supereremo tutti gli ostacoli”. Le parti, tuttavia, sono ancora lontane: intanto il tempo passa e si prevede, come lo scorso anno, una pericolosa “coda” contrattuale solo per la chiamata diretta.
Sulla possibilità di ammettere gli studenti alla maturità con la media del 6 (invece che con il 6 in tutte le materie), ammette di sapere “perfettamente che non c’è un parere unanime e che la norma, in discussione in Parlamento in merito al decreto per gli esami di Stato, potrebbe saltare. Io mi auguro di no anche perché la polemica sulla media del 6 è durata molto poco. Subito dopo si è passati ai contenuti”