Home I lettori ci scrivono Bocciare gli studenti? Serve per la crescita formativa

Bocciare gli studenti? Serve per la crescita formativa

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Parlare di bocciature non deve essere intesa come parlare del diavolo. Essa, in alcuni casi serve per far capire all’alunno che non ha raggiunto gli obiettivi minimi che deve studiare di più, deve impegnarsi di più, per cui la bocciatura ha un valore formativo, ma spesso viene vista come una sconfitta.

Ha destato tanto clamore l’articolo di Ernesto Galli della Loggia pubblicato sulle colonne del “Corriere della Sera” sul problema della bocciatura nelle scuole.

Le parole dell’eminente storico sono un vero e proprio monito contro una scuola che non forma più, che non educa più, che avalla soltanto una formazione spicciola, liquida, superficiale.

La bocciatura non deve essere intesa come una punizione che i docenti infiggono all’alunno che, per un intero anno, non ha aperto libro, ma deve essere intesa come un’opportunità di crescita formativa, un’opportunità in cui l’alunno è chiamato a capire, comprendere e prendere coscienza che lo studio è una cosa seria ed è soprattutto la “carta vincente” per affermarsi nel mondo del lavoro.

Un mondo del lavoro che vuole persone sempre più istruite, specializzate e debitamente formate.

La promozione di massa non genera una crescita esponenziale dell’economia del Paese, ma è condizione di un livellamento culturale verso il basso.

Quindi se tutti devono essere promossi a cosa serve la scuola? A cosa servono gli esami di Stato del primo e del secondo ciclo d’istruzione?

Si riducono ad una passerella davanti alla commissione d’esame che è chiamata soltanto a riempire fogli di carta e certificare al termine dell’esame la certificazione delle competenze acquisite dagli alunni.

Ma se mancano le conoscenze di base cosa certificano le commissioni? La risposta è: il vuoto, il nulla, l’effimero.

È il momento di fare una profonda riflessione sulle parole di Ernesto Galli della Loggia. Il quadro dell’istruzione italiano è veramente drammatico, occorre prenderne atto e farsi un profondo esame di coscienza.

Il Miur prenda atto che la scuola è in un inesorabile declino, prenda atto che bisogna urgentemente invertire la rotta, prenda atto che se la scuola non decolla e si faccia qualcosa per alzare l’asticella verso l’alto quale futuro si piò sperare da questa Nazione.

La legge della “Buona Scuola” va subito rivista, modificata, rettificata, cosi come vanno rivisti i curricoli dei vari gradi d’istruzione puntando sulle conoscenze di base che sono la priorità per la costruzione delle competenze da acquisire. La scuola non deve essere selettiva, non deve escludere nessuno, ma questa inclusione dove la sta portando?

La strada ormai tracciata è quella di un livellamento culturale che appiattisce tutte le eccellenze, depotenziandole e facendo in modo che tutti abbiano un “pezzo di carta”. Ma questo pezzo di carta, però, nel mondo del lavoro deve essere misurato con le competenze che si sono acquisite durante gli anni di studio.