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Il nuovo Umanesimo

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Già nel 1967, Papa Paolo VI, per poter conseguire, nel terzo millennio, lo sviluppo dei popoli, auspicò un nuovo Umanesimo, quello cosiddetto planetario, con la lettera Enciclica denominata “Populorum Progressio”, il cui obiettivo è indicato nella formula lapidaria ma estremamente efficace, “lo sviluppo non si riduce alla semplice crescita economica, ma, per essere autentico, deve essere integrale, il che significa volto alla promozione di ogni uomo e di tutto l’uomo, cioè deve comprendere soprattutto la crescita affettiva, culturale, morale, religiosa, sociale e spirituale”, ma la profezia fu criticata dagli Stati forti (quelli più industrializzati) del tempo, per i quali era vista come una forma di “marxismo riscaldato”, per cui per molti anni rimase inascoltata.

L’uomo tornò al centro dell’Universo, nel 1991, dopo la caduta del muro di Berlino, con l’enciclica “Centesimus Annus” di Papa Giovanni Paolo II, in una visione non più “antropocentrica”, ma “biocentrica”, attraverso la quale l’essere umano possa riconoscersi nella Natura, in un’assonanza che escluda qualsiasi aberrante predominio su di essa, considerato che la Natura ci dà quel bene immenso, non acquistabile con nessuna moneta, che è l’aria che respiriamo, purtroppo non sempre salubre nel nostro Paese.

Ci sembrava di rileggere le parole del Leopardi, quando, nello Zibaldone affermava “la superiorità della Natura su la ragione e l’arte (identificata con la tecnica, secondo la concezione classica), l’assoluta incapacità di queste a poter mai supplire a quella, la necessità della Natura alla felicità dell’uomo anche sociale, l’impossibilità precisa di rimediare alla mancanza e alla deprivazione di lei”; parole che noi ricordiamo soltanto quando arriva un tsunami, un’alluvione o un terremoto.

Con l’inizio del XXI Secolo, dopo la creazione della moneta unica, l’euro, nell’Unione Europea, e la crisi immobiliare negli Stati Uniti d’America, è scoppiata una forte crisi finanziaria ed economica internazionale che ha colpito anche l’Italia, riducendo la produzione, l’occupazione ed i redditi delle famiglie; tanto che, secondo i dati Istat, nel 2016, nel nostro Paese i poveri sono circa 4,5 milioni ed i disoccupati oltre i 3 milioni.

A ciò si aggiunge la forte immigrazione delle persone che scappano dagli Stati poveri europei, dei profughi fuggiti dalle guerra civile (Libia) e dalle guerre dei Paesi belligeranti in Medio Oriente, Africa ed Asia e dei cristiani vittime del terrorismo islamico.

Questi tristi fenomeni (181 mila sbarcati nel 2016 ed oltre 42 mila dal primo gennaio all’8 maggio 2017) hanno indotto il nostro attuale Pontefice Francesco ad invitare, in un messaggio indirizzato al presidente del consiglio delle conferenze episcopali d’Europa, nel settembre 2016, tutti i credenti ad essere solleciti ”verso quanti si trovano nel bisogno: poveri, migranti, rifugiati, carcerati, disoccupati, malati nel corpo e nello spirito.

Per contribuire alla rinascita dell’Europa, la Chiesa madre premurosa, afferma il Pontefice, si sforza di andare incontro con amore alle ferite dell’umanità per risanarle col balsamo della misericordia divina”; messaggio ribadito, come “sogno del Papa per un nuovo umanesimo europeo e cristiano vicino agli ultimi”, rivolto nel marzo 2017 ai vertici degli Stati e di Governo dei 27 Paesi dell’Unione Europa, in occasione della cerimonia di consegna del premio Carlo Magno.

Noi italiani, quali eredi del primo umanesimo quattrocentesco di Giovanni Pico Della Mirandola, non possiamo non accogliere il “sogno” del Papa, ma, per equità, pretendiamo con fermezza, che sia accolto anche dagli altri 25 Paesi Europei rimasti.