Osservando i dati che rimbalzano sulla mobilità si nota che per molti docenti il trasferimento o meglio l’avvicinamento a casa non è andato a buon fine e a quanto pare così sarà per gli altri ordini di scuola di cui si attende l’esito dei trasferimenti dopo le numerose domande presentate per la maggior parte da coloro che sono stati assunti con la legge 107.
Intanto si leggono le dichiarazioni, che con una certa cadenza si ripetono da parte delle massime cariche politiche del MIUR.
E’ il caso del Sottosegretario D’Onghia che ha recentemente affermato “i docenti immessi in ruolo nella fase C erano consapevoli del rischio trasferimento, ma hanno accettato, salvo poi contestare la legge. Bisognava essere più chiari.” Ed ancora il sottosegretario De Filippo che in primavera affermò, facendo infuriare i nastrini rossi: “chi ha aderito alla fase delle immissioni in ruolo lo ha fatto liberamente”, quasi a voler dire: chi è causa del suo mal pianga se stesso.
Si tratta di dichiarazioni che però meritano un’attenta riflessione sia dal punto di vista della comunicazione sia, per la parte più importante, dal punto di vista tecnico. Da quel che sembra, l’avere partecipato al piano straordinario di immissioni per il MIUR è sufficiente perché i docenti accettino una situazione che dovevano calcolare.
Quando fanno simili dichiarazioni dimenticano però, quelli che sembrano dettagli di quanto è accaduto e gli americani dicono “the devil’s in the details”, ovvero che il diavolo si nasconde nei dettagli.
Vero è – come chiariremo tra poco – che la stessa legge non regolava situazioni che sono sopraggiunte ad essa alla scadenza delle domande introdotte da norme di rango inferiore se non addirittura per prassi, compromettendo le previsioni di coloro che avevano partecipato al piano d’immissioni in ruolo. Intanto chiariamo che il governo nei mesi del varo della legge 107, usò molto l’arma della comunicazione per incentivare gli aspiranti all’immissione in ruolo a partecipare al piano definendolo come un’occasione da non perdere ma si trattava ovviamente di un incoraggiamento legittimo considerato che proveniva da coloro che avevano varato la 107, salvo dire successivamente che “in qualcosa si era sbagliato”.
Si pensi all’ex Ministro Giannini che a pochi giorni della scadenza delle domande affermò: “Io non credo valga la pena rinunciare: un piano straordinario di assunzioni come questo non si ripeterà facilmente. Ci sarà inevitabilmente una fase transitoria di un paio d’anni durante i quali i posti eventualmente vacanti continueranno a essere assegnati con le supplenze, ma questo è destinato a finire. Dopo la fase transitoria si entrerà per concorso, come prescrive la Costituzione”.
Questo quanto al piano di di comunicazione ma se invece analizziamo cosa prescriveva e prescrive la legge 107 sul piano del reclutamento e quello che è accaduto la questione diventa più seria perché si dimostra che diversamente dalle dichiarazioni di sottosegretari e ministri gli immessi in ruolo della Buona Scuola non erano pienamente consapevoli del rischio che avrebbero corso o comunque che all’atto della scadenza della domanda i calcoli erano stati ben diversi soprattutto se si considera che la scelta di non aderire avrebbe comportato un inevitabile e probabilmente lungo periodo di disoccupazione.
Infatti il comma 131 dell’art. 1 della l. 107/2015 prevede che i contratti a termine del personale docente non possano superare la durata di 36 mesi, una norma che solo successivamente alla domanda di partecipazione al piano di immissioni in ruolo è stato chiarita nel senso che tale periodo sarebbe dovuto essere computato a partire dal 01/09/2016 e quindi l’aspirante docente che aveva (e ce n’erano tanti) più di 3 anni di servizio non avendo capacità di veggenza si era trovato quasi costretto per non restare a spasso a fare domanda.
Ma non è finita: chi aveva fatto domanda facendo riferimento e studiando la legge 107 non poteva mai immaginare che il piano di reclutamento a base nazionale si sarebbe trasformato per le prime province indicate in domanda, in un piano provinciale che non poteva essere regolato ovviamente dalla legge che non lo prevedeva (si è fatto però un pasticcio), con le conseguenze che chi aveva calcolato di sistemarsi con un certo punteggio in una sede si è visto scavalcato dal meccanismo della precedenza della prima sede (non previsto dalla legge) da altri con minore del suo. Dicono gli inglesi “the devil’s in the details”, il diavolo si nasconde nei dettagli.
Ed è proprio questi dettagli che non possono essere trascurati e che i tecnici della 107 dovrebbero chiarire ai politici prima che essi si lancino a “j’accuse” che suonano più come una “captatio benevolentiae” per chi non ha aderito al piano straordinario alle immissioni in ruolo che ad altro.
Ma forse a quest’ultima categoria farebbe meglio pensare a ciò che diceva Confucio: “studia il passato se vuoi prevedere il futuro”.