Il 15 marzo 2004 entrava in vigore in Francia una legge destinata a fare discutere: nessun segno “ostentato” di appartenenza religiosa sarebbe più stato ammesso in un’aula scolastica della Repubblica. Niente più croci in bell’evidenza, né kippa ebraici, ma soprattutto niente più veli islamici, che nei licei francesi cominciavano a proliferare, troppo per un Paese che tra i suoi pilastri portanti annovera la legge del 1905 che sancisce la separazione tra lo Stato e tutte le Chiese.
Il rapporto – settantadue pagine brulicanti di cifre e dati – comunica che nel corso dell’ultimo anno scolastico sono stati censiti circa seicento simboli religiosi proibiti, il 90% dei quali costituiti da veli islamici, una cifra in forte calo, dato che appena un anno prima kippa, turbanti e veli si contavano a migliaia. Il fenomeno si concentra soprattutto nelle regioni a più alta presenza di immigrati: Strasburgo, la regione parigina, l’agglomerato Lionese e il sud. Quasi tutti gli alunni ai quali è stata contestata l’infrazione hanno acconsentito a togliere il simbolo fuorilegge, alcune decine di studenti irriducibili sono stati definitivamente espulsi e alcuni altri hanno deciso di abbandonare il sistema pubblico per orientarsi verso i centri di formazione a distanza o verso il privato, dove non vige la legge sulla laicità.