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Contratto, il Governo trova i 48 euro mancanti ma gli stipendi rimangono mini

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Il Governo trova i 48 euro lordi a lavoratore che mancavano per arrivare agli 85 euro medi, per il triennio 2016/18, su cui era stato trovato l’accordo a fine novembre 2016.

“Per coprire tutto l’incremento – avevamo scritto ad inizio settembre – mancano circa 1,5-1,6 miliardi, di più di quanto era stato stimato sino ad oggi (1,2-1,3 miliardi): dovranno, per forza, arrivare con la Legge di Bilancio di fine 2017”.

Ora, leggendo la nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza, si ha la certezza che la parte mancante è arrivata: con la legge di Bilancio sarà stanziato, secondo quanto ha appreso l’Ansa, 1 miliardo e 650 milioni.

Le risorse sono finalizzate al rinnovo contrattuale, dopo quasi nove anni di attesa, per diversi comparti pubblici: dalla P.A. centrale ai ministeri, fino alla scuola, dove operano il numero maggiore di lavoratori.

Nella manovra, si legge nella nota che aggiorna il Def, saranno “rifinanziate le cosiddette politiche vigenti, inclusive delle risorse per il rinnovo contrattuale del pubblico impiego”, al fine di completare “il quadro complessivo delle risorse che consentiranno di proseguire i negoziati e gli incontri avviati con le rappresentanze dei lavoratori, secondo gli indirizzi già espressi dal Governo”.

Gli analisti hanno rilevato che copertura leggermente più alta di quella prevista, potrebbe essere motivata dalla necessità di trovare le risorse per il salvataggio il bonus degli 80 euro riservato a tutti coloro che percepiscono non più di 26mila euro annue.

Quindi, meglio non illudersi: non si andrà oltre gli 85 euro medi prefissati. Vanificando, in questo modo, l’auspicio della ministra dell’Istruzione, che solo qualche giorno fa si lamentava perché “i docenti sono i meno pagati del pubblico impiego” prendendo anche l’impegno a risollevare economicamente la categoria.

 

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Per quanto riguarda, invece, le assunzioni del prossimo anno scolastico, è probabile che nei prossimi mesi giunga una nuova tranche di risorse.

Sempre nell’aggiornamento al Def, “dopo aver segnato tassi di crescita negativi dal 2011, i redditi di lavoro dipendente della P.a cresceranno su base nominale di circa l’1,7 per cento nel 2017”, e questo per “effetto dei rinnovi contrattuali comprensivi della quota di arretrati” (il triennio da rinnovare parte dal 2016).

Successivamente, però, “nel 2018 la spesa per i redditi di lavoro dipendente tornerebbe a contrarsi dello 0,2 per cento, per poi riprendere a crescere nel 2019-2020, ma ad un ritmo contenuto”.

Ciò significa che l’incidenza sul Pil della spesa per gli stipendi degli statali “risulta pertanto in calo, dal 9,7 del 2017 all’8,9 per cento del Pil nel 2020, confermando le attese del Def”. Ma non quelle dei dipendenti pubblici, che dovranno accontentarsi di aumenti-mini.

Considerando che manca all’appello ancora l’Atto di indirizzo del ministero della Funzioni Pubblica, cui seguiranno le trattative di settore, è verosimile che gli aumenti, comprensivi di arretrati, arriveranno solo nel 2018 più che inoltrato.

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