Per fare uscire la scuola italiana dall’attuale ruolo di marginalità assoluta e inserirla nel dibattito politico in corso in vista delle nuove elezioni, il segretario nazionale Ameli ha individuato cinque punti sui quali si condensa la proposta della Gilda.
Il primo punto riguarda temi generali come il ritiro della riforma Moratti. Si tratta di un rifiuto di tutta la riforma o comunque dei suoi assi portanti come il tutor o il portfolio fino all’appena annunciato decreto sulla sperimentazione del secondo ciclo a partire dal prossimo settembre. Un decreto quest’ultimo definito da Ameli un “colpo di coda preelettorale”. La Gilda contesta la figura del tutor perché tende a sostituire il lavoro in team nella scuola primaria e la collegialità nella scuola secondaria a favore di una relazione gerarchica fra i docenti. La contestazione del portfolio è motivata non solo dall’aggravio di lavoro burocratico per i docenti, ma anche dalla proposta di partecipazione dei genitori alla stesura di un documento valutativo. Un altro tema generale che riguarda tutto il personale della scuola è la conquista della contrattazione separata considerata legittima anche di recente dalla Corte costituzionale.
Il secondo punto riguarda l’opzionalità. E’ una scelta, secondo la Gilda, che nasconde l’obiettivo di ridurre in modo sensibile il personale docente attraverso uno sfoltimento del curricolo. Se al risparmio realizzato si aggiunge la possibilità per gli alunni dei licei tecnici di iscriversi direttamente agli IFTS, saltando il quinto anno, l’allarme sulla riduzione degli organici diventa ancora più forte.
Il terzo punto è quello relativo al ripristino dell’obbligo scolastico a 15/16 anni, cancellando l’ambigua definizione morattiana del diritto/dovere.
Il quarto punto riguarda la devolution. L’esperienza della formazione professionale, dietro la quale ancora oggi si nascondono sacche di clientelismo, gestioni opache, sprechi di risorse, iniziative di corsi fantasma, voluti e legittimati dalle regioni, fanno preferire il vecchio centralismo statale a venti nuovi centralismi regionali.
L’ultimo punto riguarda l’autonomia scolastica e la dirigenza. Si tratta di argomenti sui quali è urgente una attività di monitoraggio e di verifica per superare le autoreferenzialità, la dispersività progettuale e formativa oltre che gestionale.
Alla applaudita relazione di Ameli ha risposto per primo Bianco a nome del centro sinistra, concentrando il suo intervento su tre problemi: le risorse, l’ordinamento, la natura della funzione scolastica.
Che siano necessarie risorse da destinare alla formazione è chiaro a tutti, ma è utile ribadirlo dopo i continui tagli al settore negli ultimi cinque anni. Le risorse pongono però un problema non solo quantitativo, ma anche qualitativo. Sul piano quantitativo è senza dubbio possibile risparmiare in un settore come gli armamenti. Fermo restando il potenziamento della sicurezza interna e internazionale, c’è una necessità di rivedere gli investimenti attuali in quanto portano a concepire una difesa del paese da cortine di ferro che non ci sono più, facendo magari mancare le risorse nella difesa dal pericolo attuale che è il terrorismo di matrice islamica. Meno soldi alla difesa per trasferirle alla formazione delle nuove generazioni. C’è anche un problema di qualità della spesa e degli investimenti dentro i quali rientra anche il tema dell’abolizione del precariato, argomento quest’ultimo sul quale è necessario trovare un punto di equilibrio fra stabilizzazione e qualità della formazione. Sui temi ordinamentali Bianco rifiuta in modo netto una ipotesi di scuola a richiesta individuale come quella della Moratti. Sulla funzione della scuola l’esponente della Margherita ribadisce la sua scelta per una scuola laica, pluralistica, per un ordinamento che privilegia il carattere pubblico dell’istruzione.
L’intervento dei due assessori è stato molto contrastato. Il primo perché si è avventurato in una difesa della regionalità non condivisa dalla sala che si è espressa con interruzioni e battute emotivamente condizionate. Un esempio per tutti. L’assessore, nel perorare la causa del regionalismo fa appello alla sala rumoreggiante: “Possibile che non c’è nulla che funzioni in Sicilia?”, una voce esasperata dietro di noi mormora “Sì, la mafia”. Il secondo assessore si propone di elencare le cose che funzionano della riforma Moratti e quelle che a suo dire non hanno funzionato. La sala non accetta la difesa dei provvedimenti morattiani, in particolare l’esaltazione dell’area opzionale e contesta rumorosamente i diversi tentativi di proseguire, costringendo il relatore a concludere frettolosamente il suo intervento.
Quali le conclusioni? Oltre 600 docenti e dirigenti, provenienti da tutta la provincia, hanno assistito alla intensa giornata di discussione. Non sono mancati applausi, fischi, battute al vetriolo, interventi nel dibattito critici, ma anche propositivi. A noi è sembrato che la sala con la sua vivacità abbia voluto testimoniare l’esistenza di un movimento carsico che rende esplicito il bisogno di essere ascoltato, che vuole il confronto di merito, che rifiuta le difese aprioristiche delle scelte governative, che vuole uscire dal ghetto in cui la politica vuole tenerlo.