Il rapporto evidenzia, utilizzando una mole di dati, che ci sono situazioni di buona salute, cui fanno, però, da specchio situazioni di pericolosa vulnerabilità.
Il Rapporto insiste in più di un punto sulla controversa questione della flessibilità del lavoro che in alcuni casi ha dato origine a situazioni di disagio e di precarietà e che può presentare problemi nella coesione sociale.
La situazione, evidenzia il Rapporto, è tesa anche sul versante sociale. Aumenta la forbice della ricchezza delle famiglie tra Nord e Sud del Paese. Si è stabilizzato il numero delle famiglie che vive al di sotto della soglia di povertà.
Per quanto attiene all’ambito dell’istruzione, quello che a noi interessa più da vicino, il Rapporto Istat evidenzia che “i divari sono concentrati sugli aspetti qualitativi. L’offerta dei servizi di istruzione primaria e secondaria è sostanzialmente omogenea anche se al Sud permane una minore offerta di servizi extrascolastici, in presenza di livelli di spesa differenziati nel territorio e, soprattutto, di risultati scolastici che penalizzano le regioni centro meridionali.
Negli ultimi anni, a seguito della riforma degli ordinamenti didattici, si è osservata una forte crescita del numero di corsi di laurea di primo e di secondo livello, nonché dell’offerta formativa delle Università.
Tuttavia, si è puntato troppo sull’attività didattica che non sempre corrisponde alle offerte del mercato. Occorre fra l’altro valutare ancora più attentamente la validità e la qualità dell’offerta formativa e lo sviluppo del capitale umano. E’ infine necessario puntare sulla ricerca, motore dello sviluppo delle conoscenze e dell’economie”.
Non ci sembra, da quanto riportato che il Rapporto Istat abbia adeguatamente approfondito i problemi più scottanti dell’istruzione e della formazione tutto riducendo all’idea della scuola che deve rispondere al mercato del lavoro, un tema che avrebbe bisogno di maggiori approfondimenti.