Che senso ha indire un nuovo concorso per tutti i docenti abilitati tramite TFA o PAS e inserirli in una nuova graduatoria, se esistono già le Gae?
Perché sperperare il tempo e il denaro degli italiani in un concorso che appare privo di senso? I Sindacati che stanno facendo? L’opinione pubblica che dice? Perché tutti tacciono e nessuno si ribella?
Forse è il caso di dire che noi insegnanti ci meritiamo la perdita di autorità e rispetto che si evince dalle notizie ormai giornaliere che ci pervengono dai quotidiani.
Non abbiamo più dignità e ci sottoponiamo inermi al volere di dirigenti, sindacati e ministri che ci voglio sempre più schiavi in una scuola dove non si può più esprimere il proprio parere, dove regna il servilismo e dove si teme di valutare per non essere valutati, perché se gli alunni non studiano, si sa, è colpa dell’ insegnante che non li ha saputi stimolare, motivare, interessare, etc. etc.
E allora ecco che il 4 diventa sei e il sei diventa 8 e così via, in una vergognosa gara al rialzo che nasconde la nostra incapacità di valutare per paura del giudizio del collega, del preside, dei genitori e anche perfino degli alunni. Il sette è infatti il voto più diffuso, non offende nessuno, non è ne basso né alto e difficilmente chi lo riceve si lamenta.
In questa nuova veste fantozziana che le varie riforme della scuola ci hanno ormai cucito addosso, noi insegnanti siamo ormai abituati a subire e subire e quindi, che sarà mai un nuovo concorso? Tanto fra l’altro non bocciano mica nessuno. E allora mettiamoci nuovamente tutti in fila, pronti ancora ad essere giudicati magari da chi sa meno di noi. Eppure una volta impartivamo saperi e conoscenze, aprivamo le menti e insegnavamo il ragionamento critico. Cosa è successo? Abbiamo dimenticato il nostro passato fatto di cultura e saperi?
Forse non siamo più degni di fare gli insegnanti perché il nostro essere sempre e comunque inermi non rappresenta un esempio lodevole per i nostri ragazzi. Abbiamo fatto un solo unico importante sciopero e poi il silenzio. Ci dobbiamo vergognare.
Arianna Ragusa