Continua imperterrita l’ascesa degli studenti stranieri iscritti nelle classi italiane: l’ultima rilevazione, a sostegno di una tendenza costante ormai da oltre un decennio, giunge dal “Rapporto 2005-2006 sugli alunni con cittadinanza non italiana”. Realizzato dal ministero della Pubblica Istruzione, quest’anno il rapporto comprende anche i dati sugli esiti scolastici ed ha esplorato sia gli aspetti quantitativi e la densità di presenze del fenomeno, sia alcuni aspetti qualitativi: sebbene la presenza di studenti di nazionalità non italiana nelle nostre scuole sia risultata piuttosto disomogenea e differenziata sul territorio nazionale, la media generale – ormai al di sopra al 5% – è un dato che vale più di tante parole. “La presenza degli alunni stranieri, in progressivo aumento negli ultimi anni – spiega lo stesso Ministero della Pubblica Istruzione – è un dato strutturale del nostro sistema scolastico: sono oggi quasi 500.000 i figli dell’immigrazione seduti sui banchi di scuola, una percentuale che supera il 5% della popolazione scolastica complessiva, inferiore tuttavia a quella degli altri Paesi europei”.
Sebbene non si possa parlare di boom di iscritti non italiani, soprattutto se si confronta la realtà italiana con quella delle nazioni europee più avanzate, i curatori dello studio ministeriale sottolineano come la scuola italiana non abbia mai opposto barriere all’inserimento di studenti d’oltre confine: “l’Italia – si legge nel rapporto finale – ha scelto, fin dall’inizio, la piena integrazione di tutti nella scuola, e l’educazione interculturale come dimensione trasversale e come sfondo integratore che accomuna tutte le discipline e tutti gli insegnanti”.
L’Italia si porrebbe, quindi, in una posizione particolare nel panoroma dell’integrazione: “la scelta di questo orizzonte culturale – continua il rapporto – insieme al ricco e variegato patrimonio di progetti organizzativi e didattici, di strumenti di lavoro costruiti e verificati sul campo dalla scuola dell’autonomia, concorrono a definire una possibile via italiana all’integrazione, un percorso originale anche nel confronto con gli altri Paesi”.
Dal viale Trastevere si auspica, però, anche una maggiore collaborazione con tutti i contesti formativi, poichè l’istruzione rimane “un cantiere aperto che vede la scuola protagonista, ma che ha bisogno della collaborazione sistematica di Enti Locali, Università, associazioni degli immigrati e del volontariato”. Favorire l’integrazione scolastica interculturale rappresenta quindi “una sfida difficile e tuttavia vitale – concludono i curatori del rapporto annuale – che ha bisogno di una scuola ponte tra le differenze e laboratorio di coesione sociale, di dialogo e di scambio reciproco”.
Sebbene non si possa parlare di boom di iscritti non italiani, soprattutto se si confronta la realtà italiana con quella delle nazioni europee più avanzate, i curatori dello studio ministeriale sottolineano come la scuola italiana non abbia mai opposto barriere all’inserimento di studenti d’oltre confine: “l’Italia – si legge nel rapporto finale – ha scelto, fin dall’inizio, la piena integrazione di tutti nella scuola, e l’educazione interculturale come dimensione trasversale e come sfondo integratore che accomuna tutte le discipline e tutti gli insegnanti”.
L’Italia si porrebbe, quindi, in una posizione particolare nel panoroma dell’integrazione: “la scelta di questo orizzonte culturale – continua il rapporto – insieme al ricco e variegato patrimonio di progetti organizzativi e didattici, di strumenti di lavoro costruiti e verificati sul campo dalla scuola dell’autonomia, concorrono a definire una possibile via italiana all’integrazione, un percorso originale anche nel confronto con gli altri Paesi”.
Dal viale Trastevere si auspica, però, anche una maggiore collaborazione con tutti i contesti formativi, poichè l’istruzione rimane “un cantiere aperto che vede la scuola protagonista, ma che ha bisogno della collaborazione sistematica di Enti Locali, Università, associazioni degli immigrati e del volontariato”. Favorire l’integrazione scolastica interculturale rappresenta quindi “una sfida difficile e tuttavia vitale – concludono i curatori del rapporto annuale – che ha bisogno di una scuola ponte tra le differenze e laboratorio di coesione sociale, di dialogo e di scambio reciproco”.