E’ ufficiale: il 16 marzo, a Bologna, è nato il “movimento anti-Fioratti”: in almeno tremila fra insegnanti, genitori e bambini hanno manifestato per protestare contro il taglio degli organici e per chiedere tempo pieno per tutti. Molti erano “reduci” delle manifestazioni contro il precedente Ministro e hanno usato gli stessi vecchi cartelli di due-tre anni fa, “No alla Riforma Moratti”, coprendo con un adesivo l’ultima parola e sostituendola con “Fioratti”.
La protesta ha avuto l’avallo di Cgil, Cisl e Uil (tutti presenti con le segreterie nazionali) e di Rifondazione Comunista, anche se Enrico Panini ha cercato di sottolineare le differenze fra la protesta di oggi e quella di ieri osservando che quella contro la Moratti era una battaglia contro un preciso “modello di classe”.
Ma la sensazione, a dire il vero, è che questi sottili “distinguo” interessino poco il mondo della scuola (su uno striscione si leggeva “Taglia Moratti, taglia Fioroni, cambia il partito ma non le intenzioni”).
D’altronde la presenza in piazza dello stesso assessore all’Istruzione del Comune di Bologna Rebaudengo oltre che dei sindaci di alcuni Comuni del bolognese rappresenta un segnale molto chiaro della perdita di consenso da parte del Ministro e del suo staff.
Francesco Scrima (Cisl-Scuola) è molto esplicito quando dice che la direzione regionale e il dirigente scolastico provinciale non sono all’altezza di affrontare la gravità della situazione e invoca la presenza a Bologna di un dirigente ministeriale, ma dimentica che la manifestazione del 16 è essa stessa, almeno in parte, l’esito del mancato accordo di un incontro di qualche giorno fa al quale erano presenti non uno, ma addirittura tre dirigenti ministeriali romani, fra i quali Emanuele Barbieri (ex segretario nazionale di Cgil-Scuola).
In realtà il nodo del tempo pieno a Bologna, e più in generale nelle grandi città del nord, non è puramente amministrativo, ma politico: il movimento chiede che esso venga garantito una volta per tutte con apposita legge dello Stato, mentre dallo stesso Governo arrivano segnali di tutt’altro genere.
Sta facendo scalpore, per esempio, la sortita del viceministro Bastico che sostiene che quella del tempo pieno non è affatto una questione prioritaria e che d’altronde l’orario “spezzatino” previsto dal decreto morattiano n. 59 è ormai una legge dalla quale non si torna più indietro.
Intanto c’è chi parla di aumentare in qualche modo gli organici di diritto almeno per la scuola primaria in modo da dare una risposta seppure parziale alle richieste delle città del nord; ma si tratta di una ipotesi tecnicamente non percorribile dato che ormai non ci sono più i tempi per rivedere gli organici (il 3 aprile dovrebbero già persino essere pubblicati gli esiti delle domande di mobilità nella scuola primaria).
E allora la partita è rimandata al momento in cui si dovrà definire l’organico di fatto sul quale però pesa già l’ipoteca di un taglio di qualche migliaio di posti concordato fra Fioroni e Padoa Schioppa. L’unica possibilità, a questo punto, sembra essere quella di un provvedimento di legge che consenta di utilizzare nella scuola almeno una parte delle risorse derivanti dal maggio gettito fiscale. Ma per ottenere questo bisognerà fare i conti con l’inflessibile Ministro dell’Economia.
Il risultato della contesa non è per nulla scontato.