L’ultimo studio Timss (Trends in International Mathematics and Science Study) 2015, riporta dei dati che non sorprendono più di tanto, in base anche ad altre rilevazioni simili: gli alunni troppo digitali, che usano pc e tablet per lo studio, sono penalizzati nel rendimento in matematica.
L’indagine, come riporta Repubblica.it, le competenze in Matematica e Scienze dei bambini di quarta elementare e dei ragazzini di terza media di mezzo mondo, ha riguardato le competenze in Matematica e Scienze dei bambini di quarta elementare e dei ragazzini di terza media di mezzo mondo.
Gli alunni troppo digitali sono indietro rispetto a chi usa ancora libro e quaderno
Per quanto riguarda gli alunni italiani delle scuole elementari, i dati parlano di 506 totali, ma solo 481 punti punti totalizzati dagli alunni più “digitali”, mentre quelli che non usano quasi mai le tecnologie per svolgere i compiti a casa arrivano a 522 punti, staccando i loro coetanei di oltre 40 lunghezze.
Per il pedagogista Benedetto Vertecchi, il motivo di tale differenza fra alunni digitali e quelli che ne fanno un uso moderato, risiede in due aspetti: “Uno tipicamente cognitivo e l’altro sociale. Riguardo al primo i bambini che usano massicciamente il computer usano meno la testa, hanno un atteggiamento più passivo nei confronti del mondo che li circonda e si muovono anche meno dal punto di vista motorio. Dal punto di vista sociale — continua Vertecchi — a mio avviso il più drammatico, si vede che i bambini appartenenti a livelli sociali più avvantaggiati usano meno il computer di quelli appartenenti a gruppi svantaggiati. E i bambini messi davanti ad uno schermo sono in uno stato di passività, sono meno sollecitati”.
Anche alle scuole medie stessi risultati
Non cambia la situazione alle scuole medie: gli alunni italiani totalizzano 494 lunghezze, mentre i compagni più attivi con pc e tablet scendono a 484 punti. Per questa ragione, conclude il pedagogista, “in alcuni paesi, come Usa e Svizzera, nelle scuole più attente l’uso delle tecnologie è vietato fino a una certa età”, alludendo al fatto che in Italia ancora non si riesce a prendere una strada univoca su questo tema.
Aspettiamo i dati del 2019
Scettico, su questo punto, Paolo Mazzoli, direttore generale dell’Invalsi: “Più che il computer in se stesso — spiega — credo che a incidere maggiormente sui risultati sia l’uso che si fa dello stesso. Oggi ci sono ragazzi che fanno cose egregie col computer anche a livello di studio, come la simulazione di esperimenti. E penso pure che questi dati siano condizionati dal livello di interesse che mostrano i ragazzi per lo studio. E poi i risultati sono una conseguenza. Aspetterei la prossima tornata di test, nel 2019, per analizzare questo aspetto”.