Tra pochi giorni prenderà il via il nuovo anno scolastico e la Uil Scuola coglie l’occasione per ricordare che gli stipendi dei docenti italiani sono tra i più poveri in Europa: secondo uno studio del sindacato sulle retribuzioni degli ultimi dodici anni, a partire dal 2005 gli stipendi del personale docente hanno registrato una flessione costante in termini di potere d’acquisto: si è tornati addirittura al di sotto del livello del 2002. In termini pratici le retribuzioni al netto sono mediamente ferme a 1.400 euro.
Per la Uil ciò è dovuto al fatto che per le politiche per l’Istruzione l’Italia spende, in rapporto al Pil, meno degli altri paesi dell’Ocse.
I numeri parlano chiaro: in rapporto alle retribuzioni europee, un docente di scuola media con 15 anni di servizio guadagna, in meno, circa 1.900 € rispetto ad un collega francese, 8.200 € rispetto ad un insegnate spagnolo e 9.400 € rispetto ad un docente inglese.
Il maggior distacco si ha con gli insegnanti delle scuole tedesche: a parità di anzianità il divario è di quasi 15 mila euro lordi l’anno.
I numeri parlano chiaro: in rapporto alle retribuzioni europee, un docente di scuola media con 15 anni di servizio guadagna, in meno, circa 1.900 € rispetto ad un collega francese, 8.200 € rispetto ad un insegnate spagnolo e 9.400 € rispetto ad un docente inglese.
Il maggior distacco si ha con gli insegnanti delle scuole tedesche: a parità di anzianità il divario è di quasi 15 mila euro lordi l’anno.
Il commento di Massimo Di Menna, segretario della Uil Scuola, a questa situazione complessiva di ristagno è duro: “il contratto scaduto dal 2005 non è stato rinnovato e la trattativa è ferma all’Aran: il negoziato dovrà concludersi rapidamente perché le retribuzioni sino ancora troppo basse, si avverte una diminuzione del potere di acquisto e un sempre maggiore divario tra le retribuzioni italiane e quelle degli altri Paesi europei”.
Per il sindacalista l’azione politica del Governo dovrebbe quindi basarsi su un “rapido rinnovo del contratto, l’adeguamento delle retribuzioni, politiche fiscali a favore del lavoro dipendente e investimenti per la scuola pubblica”.
Per il sindacalista l’azione politica del Governo dovrebbe quindi basarsi su un “rapido rinnovo del contratto, l’adeguamento delle retribuzioni, politiche fiscali a favore del lavoro dipendente e investimenti per la scuola pubblica”.
Di Menna sostiene anche che le azioni dovrebbero essere fatte rilanciando contemporaneamente tre filoni di intervento: servono “politiche contrattuali che diano certezze, che rispettino l’intesa sottoscritta da Governo e sindacati; politiche fiscali a favore del lavoro dipendente; risorse per l’istruzione pubblica: un patto per la qualità della scuola e un piano di investimenti legato alla crescita del Pil. Verificheremo – conclude il leader della Uil Scuola – nei prossimi mesi, in relazione al negoziato contrattuale, alla legge Finanziaria, le reali intenzioni del Governo rispetto ad una scuola pubblica di qualità”.
Quello di Di Menna diventa così un avvertimento al Governo: se la prossima Finanziaria non dovesse contenere una chiara inversione di tendenza rispetto a quella dello scorso anno l’autunno della scuola rischia di diventare davvero caldo.
Quello di Di Menna diventa così un avvertimento al Governo: se la prossima Finanziaria non dovesse contenere una chiara inversione di tendenza rispetto a quella dello scorso anno l’autunno della scuola rischia di diventare davvero caldo.