Secondo il rapporto del 29 gennaio dell’Unesco, nel mondo ci sono ancora 57 milioni di bambini e bambine a cui non viene data un’istruzione, vale a dire uno su dieci. Se il livello di aiuti e interventi non cambierà, questo diritto sarà garantito a tutti solo nel 2086, cioè tra settant’anni.
Nel 2000 capi di stato e governi si erano impegnati a raggiungere l’obiettivo entro il 2015. Fino al 2008 le cose sembravano procedere bene, e il numero di bambini esclusi dall’istruzione era sceso da 102 a 60 milioni. Ma in seguito questa tendenza si è improvvisamente arrestata.
Le più svantaggiate sono le bambine, soprattutto quelle che vivono nelle zone più povere e rurali: rischiano di essere nonne prima che l’istruzione primaria sia garantita ovunque. Se la situazione non evolverà, le ragazze che vivono nelle aree più disagiate dovranno aspettare fino al 2111 per essere sicure di poter frequentare una scuola secondaria.
Molti bambini non vanno a scuola perché lavorano (sono 215 milioni nel mondo) o perché vivono in zone di guerra (si stima che 250mila bambini siano coinvolti in conflitti). Ma per esempio in Afghanistan, che ha attraversato 35 anni di violenze, si stanno progressivamente riaprendo le scuole e il ministro dell’istruzione afgano Farooq Wardak ha lanciato una campagna per assicurare un’istruzione elementare a tutti i bambini e le bambine del paese entro il 2020.
Un problema di fondi e di qualità. Metà dei bambini che abbandonano o non frequentano la scuola vive nell’Africa subsahariana. La Nigeria è lo stato dove l’istruzione primaria è meno garantita, insieme a Pakistan, Etiopia e India. Eppure, si legge nel documento, gli aiuti internazionali all’istruzione sono diminuiti, anziché aumentati, e non sono stati indirizzati verso i paesi che ne avevano più bisogno. Il paese che ha ricevuto più contributi dall’esterno, soprattutto da Germania e Giappone, è la Cina. In confronto il Ciad, dove il 75 per cento di scuole non ha acqua, bagni o elettricità, ha ricevuto aiuti per un valore che è 77 volte inferiore.
Sono 130 milioni i bambini non sanno leggere, scrivere o eseguire calcoli aritmetici, anche se a lezione ci vanno. Questo perché ci sono degli ostacoli concreti: in Tanzania, solo il 3,5 per cento dei bambini ha dei testi scolastici e in Malawi una classe può essere composta anche da 130 alunni. Inoltre, servono più insegnanti e più qualificati. Entro il 2015 potrebbero essere necessari 6,8 milioni di docenti in più: 5,1 milioni per rimpiazzare gli insegnanti che andranno in pensione e 1,7 milioni per occupare nuovi posti.
Tra gli adulti, il 37 per cento degli analfabeti è concentrato in India, dove 287 milioni di persone non sanno leggere o scrivere. Tra il 1991 e il 2006 nel paese il tasso di alfabetizzazione era aumentato del 15 per cento, ma la crescita della popolazione ha fatto sì che la percentuale degli analfabeti non cambiasse di molto. L’India destina all’istruzione il 10,5 per cento della sua spesa pubblica, ma le differenze tra i singoli stati indiani sono molto forti: mentre nel Kerala sono previsti 685 dollari per bambino all’anno, in stati come il Bihar la cifra scende a 100 dollari.
Per raggiungere l’obiettivo di un’istruzione elementare per tutti, l’Unesco stima che occorrano 26 miliardi di dollari in più all’anno. (da Internazionale.it)
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