San Tommaso d’Aquino, teologo e Padre della chiesa, che tutti a scuola abbiamo conosciuto attraverso la Divina Commedia di Dante, che lo colloca tra gli spiriti sapienti del IV Cielo del Sole, moriva il 7 marzo del 1274.
Era nato nel 1226 (l’anno della morte di san Francesco) e già fanciullo entrò nell’ordine domenicano dove fu consacrato nel 1243-44. Studiò a Parigi e a Colonia e fu pure discepolo di Alberto Magno.
L’opera per la quale fu innalzato agli altari nel 1323 e nella quale riversò tutto il suo immenso sapere attorno alla teologia cristiana, fu la Summa theologica alla quale lavorò quasi tutta la vita insieme con la Summa contra gentiles.
Chiamato nel 1274 al Concilio di Lione, morì durante il viaggio.
Di questo straordinario studioso ha parlato Padre Thomas Joseph White, Rettore della Pontificia Università di San Tommaso d’Aquino (Angelicum), proprio oggi 7 marzo, nella Sala del Refettorio di palazzo San Macuto, al convegno “San Tommaso d’Aquino, 750 anni dopo”, con i saluti introduttivi del Presidente della Camera Lorenzo Fontana e le parole conclusive del Ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano.
Ha detto il Rettore: “San Tommaso d’Aquino continua a parlare agli uomini, ieri come oggi: nell’indagare, infatti, la natura umana e i suoi problemi si è rivolto alle persone di ogni tempo. E di fronte al dramma delle guerre oggi direbbe che non può esserci pace senza giustizia e senza riconoscimento dell’altro”.
“San Tommaso d’Aquino è al centro della tradizione filosofica cristiana e occidentale. Con lui la ragione naturale introduce alla capacità razionale di conoscere il mondo, con apertura alle questioni religiose. San Tommaso è un grande studioso della virtù, della politica, della giustizia, dell’importanza dell’ordine internazionale. Pensa che la ricerca di Dio e della santità non sia in opposizione alla vita quotidiana e alla conoscenza naturale.
“La Chiesa parla di lui come Doctor Communis: la sua filosofia ha una percezione così profonda della natura umana da farne una conoscenza universale, ha cioè l’ambizione di conoscere l’universale della persona umana. Oggi chi lo studia pensa che abbia attivato la più grande penetrazione intellettuale della conoscenza dell’uomo”.
All’evento hanno partecipato: Pasquale Porro, Professore ordinario di Storia della filosofia medievale, Università di Torino, Serge-Thomas Bonino, OP, Presidente della Pontificia Accademia di San Tommaso d’Aquino. Modera Giovanni Cogliandro.
Da sottolineare, per quanto ci riguarda, il rapporto fra San Tommaso e Dante, anche perché la sua filosofia è alla base della formazione del poeta che parla col santo teologo per un intero canto, presentandogli addirittura altri santi.
Interessante ciò che San Tommaso dice a proposito del bello poiché per la bellezza si richiedono tre doti.
In primo luogo integrità e perfezione: poiché le cose incomplete, proprio in quanto tali, sono deformi. Quindi debita proporzione o armonia (tra le parti). Finalmente chiarezza e splendore: difatti diciamo belle le cose dai colori nitidi e splendenti.
Il piacere estetico deriva dalla contemplazione dell’oggetto bello: è un piacere disinteressato, che non mira al possesso. Il bello desta una potente attrazione proprio perché richiama alla verità e alla bontà dell’Essere. È diabolico fermarsi solo al piacere che il bello produce senza metterlo in relazione con l’Essere di cui l’oggetto o la persona bella è riverbero
San Tommaso arriva ad affermare che, in realtà, ogni ente è dotato delle prerogative del bello e ha, perciò, una sua intrinseca bellezza, anche se non sempre noi riusciamo a coglierla.
Tuttavia forse la frase che più di ogni altra viene a scuola ripetuta è la seguente: “Non fa scienza/ senza lo ritenere, avere inteso” e cioè comprendere o imparare qualcosa non forma la vera cultura se non si tiene poi a mente ciò che si è imparato.
Una frase su cui tanti prof dovrebbero riflettere quando accusano i loro alunni di studiare a memoria.