Il Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, sta lavorando per una “scuola che metta al centro la persona come vuole la nostra Costituzione: valorizzare i talenti e consentire ai giovani di realizzarsi”.
Questi principi e questi valori compiono oggi 80 anni, perché sono scaturiti dalla sensibilità pedagogica di Gesualdo Nosengo che ha fatto parte al gruppo di lavoro dei 50 laureati cattolici che dal 18 al 24 luglio del 1943, alla vigilia della caduta del fascismo, si sono riuniti presso il Monastero di Camaldoli “preparando l’inchiostro per scrivere la Costituzione”, frutto di idealità, ma anche di capacità di confronto e di consapevolezza dei valori della persona”.
Queste le parole pronunciate pochi giorni fa nel corso di un convegno organizzato per ricordare gli 80 anni del Codice di Camaldoli dal Cardinale Matteo Zuppi e da Marta Cartabia che ha illustrato in particolare i diritti della persona che nel testo della Carta Costituzionale sono organizzati intorno a quattro titoli che sanciscono i rapporti civili, etico-sociali, economici e politici.
Come nasce il Codice
Il Codice di Camaldoli che il giovane Sergio Paronetto ha redatto, nel 1944, facendo tesoro degli interventi dei partecipanti tra cui Giorgio La Pira, Aldo Moro, Giulio Andreotti, Paolo Emilio Taviani, Guido Gonella, Vittorino Veronese, Angela Gotelli, Giuseppe Capograssi, non si limita a riproporre i temi della dottrina sociale della Chiesa, ma affrancandosi dalle ideologie dell’epoca, mette al centro i valori della persona, della dignità umana, della libertà, dell’uguaglianza.
Questi principi e valori sociali che la Costituzione italiana ha sancito nei primi 12 articoli hanno permeato tutti i settori della vita pubblica e dei servizi che lo Stato offre, compresa la scuola, luogo privilegiato di istruzione e formazione della persona che diventa cittadino.
Dal Codice alla Costituzione
Mentre i componenti del gruppo di lavoro degli Amici di Camaldoli analizzavano i fattori sociali, lo sviluppo economico, le industrie, il non facile lavoro di ripresa dopo la guerra e della nascente Repubblica Italiana, Gesualdo Nosengo, uomo di scuola, docente laico di religione cattolica, in seguito fondatore dell’UCIIM (Unione Cattolica Insegnanti) traccia le linee di indirizzo di una scuola aperta a tutti, che diventi obbligatoria e gratuita, che sia presente anche nei piccoli centri e nelle zone montane.
Una scuola che offra a tutti l’opportunità di conoscere e di imparare, vincendo la sfida dell’analfabetismo e della divisione di classi sociali: ginnasio, liceo e scuola di avviamento professionale.
La scuola media unica che, circa 20 anni dopo, con la legge n. 1859 nel 1962, è stata salutata come conquista di civiltà e di progresso, trova nel Codice di Camaldoli le sue profonde radici di motivazioni e di valori, che pongono al centro lo studente che apprende, e cresce nella Comunità scolastica, diventa uomo/donna , apre i suoi occhi al vero, e scopre la dimensione dei valori e dell’Assoluto.
La scuola per tutti
L’attenzione alla persona, ai bisogni di tutti e di ciascuno, ha caratterizzato nel tempo la legislazione scolastica che ha accolto i disabili attraverso il graduale passaggio dal semplice inserimento, al processo di integrazione scolastica, orientato oggi all’inclusione sociale.
I principi di una scuola “di tutti” che deve diventare scuola “per ciascuno” ha attivato i processi di individualizzazione e di personalizzazioni nell’azione didattica che impegna a costruire delle lezioni “pensate per lui, per lei”, adottando la regola pedagogica di “saper guardare tutti e saper osservare ciascuno”.
Nell’attenzione a “ciascuno” si coglie anche il messaggio del Ministro Valditara quando afferma che “la grande sfida che la scuola italiana deve vincere è quella di riuscire a valorizzare il talento di ciascun ragazzo, perchè attraverso questa valorizzazione si va a creare un modello di scuola che sappia sanare quella frattura che oggi penalizza molti giovani”.
Nell’indice del Codice di Camaldoli accanto ai temi dello Stato, la famiglia, il lavoro e l’economica il capitolo terzo è dedicato all’Educazione, ne definisce l’essenza, il fine, la necessità, il diritto di educare e collaborare con la famiglia.
A ottant’anni di distanza la rilettura del testo offre nuovi spunti di riflessione.