A chi piace che le scuole siano belle?

A chi piace o a chi giova che le scuole siano belle? Già. Perché edilizia scolastica è strettamente legata a un annoso problema mai risolto: quello degli LSU. I fondi del governo sarebbero dunque distribuiti in base alla platea di Lavoratori socialmente utili sul territorio, senza tenere in alcun conto le esigenze degli istituti. Così la Campania prende più di un terzo dei 450 milioni complessivi. Ma i presidi possono scegliere solo tra pochi interventi “di cacciavite”. E a volte spendono di più che a prezzi di mercato.

In sostanza le scuole più belle saranno quelle, come ammettono gli stessi vertici del Miur, dove ci sono il maggior numero di Lavoratori socialmente utili. “Non siamo partiti dall’edilizia, ma dall’annoso problema dei lavoratori socialmente utili e della gara per i servizi di pulizia.

In sintesi, continua il Fatto quotidiano, “l’obiettivo non erano le scuole: i soldi, 450 milioni di euro in totale, sono stati in realtà stanziati per risolvere il problema degli ‘ex Lsu’, migliaia di lavoratori che svolgono le opere di pulizia nelle strutture scolastiche del Paese, messi in difficoltà dal ribasso dell’ultima convenzione Consip. Il progetto di manutenzione è solo il modo di garantire a questi dipendenti la continuità occupazionale perduta. Così gli istituti scivolano in secondo piano: fondi distribuiti a pioggia, senza considerare gli interventi realmente necessari; importi, in alcuni casi di decine di migliaia di euro, spesi per operazioni marginali, perché solo queste rientravano nelle competenze dei lavoratori da occupare.”

Dove ci sono più lavoratori, ci sono più soldi. Altro che edifici e restyling. E di ciò sono consapevoli gli stessi presidi. Fernando Iurlaro, dirigente dell’Istituto comprensivo Copertino, in provincia di Lecce., afferma: “Il progetto non è come l’hanno presentato: pensavamo di poter gestire quelle risorse, con certe cifre avremmo potuto fare cose importanti. In realtà c’è solo da scegliere tra alcune opzioni di lavori possibili. È tutto incanalato perché quei soldi servono a dare da mangiare ai lavoratori socialmente utili, le scuole vengono dopo.

 

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Si tratta di un bluff o no? O è il classico prender due piccioni con una fava? Il fatto quotidiano così ricostruisce: “I 150 milioni per il 2014, che diventeranno 450 milioni fino ai primi mesi del 2016, sono esattamente quanto serve a colmare il gap aperto dall’ultimo bando Consip. E i fondi sono stati distribuiti tra le varie province del Paese non sulla base delle richieste delle scuole ma sul numero dei lavoratori. Tanto che su 450 milioni totali 330 finiscono al Meridione – la Campania da sola ne prende 171, la Puglia 68 – solo perché la maggior parte degli Lsu si trova in queste regioni. Non certo perché le strutture del Sud siano messe peggio di quelle del Nord.”

A narrare l’iter è nientemeno che il capo dipartimento Miur per le risorse finanziarie, Sabrina Bono: “Quella dei lavoratori socialmente utili è un’emergenza che nasce dalla gara per i servizi di pulizia: l’esternalizzazione, se da un lato ha razionalizzato i costi, dall’altro ha generato una pressante questione sociale. Per affrontarla, il nuovo governo ha pensato ad una soluzione che non fosse il solito ricorso agli ammortizzatori sociali. E visto che sul tavolo c’era già il tema dell’edilizia scolastica, si è deciso di inaugurare un filone riguardante la piccola manutenzione”. Questo genere di lavori, infatti, ricade proprio all’interno della convenzione Consip che riguarda gli “ex Lsu”. Così sono stati messi in cantiere un tot di opere in base al fabbisogno di questi lavoratori, non delle scuole.

Subito però l’ufficio stampa del Miur invia una lettera al Fatto Quotidiano in cui precisa che non si è trattato di un bluff: “Ci preme spiegare ai vostri lettori che a nostro modo di vedere non c’è stato nessun inganno. Ci permetta di dirlo. Che gli ex lavoratori socialmente utili sarebbero stati impiegati, a seguito di apposita formazione, anche per interventi di piccola manutenzione, decoro e ripristino funzionale nelle scuole era noto fin da marzo, da quando, cioè, anche attraverso un comunicato stampa del 31 di quel mese, il ministro dell’istruzione Giannini e quello del Lavoro Poletti si dichiararono soddisfatti “per l’approvazione, da parte del Consiglio dei Ministri” della norma che consentiva di applicare in tutto il paese “il progetto che mira al miglioramento del decoro degli edifici scolastici ed alla riconversione dei lavoratori impiegati nei servizi di pulizia delle scuole”.

I Ministri spiegarono in quell’occasione che alla necessità di mantenere i livelli occupazionali degli ex lsu sarebbe stata abbinata la possibilità di migliorare lo stato delle scuole. Gli ex lsu che avevano la qualifica di pulitori nelle scuole sono stati formati e hanno avuto un upgrade professionale a manutentori. Molti lavoratori si sono rimessi in gioco, donne e uomini che hanno accolto con entusiasmo la possibilità di costruire un percorso nuovo e di fare anche qualcosa di utile per le scuole dei nostri figli. Era forse meglio ricorrere ad ammortizzatori sociali (con esborso di risorse pubbliche) per poi creare, a distanza di tempo, un bacino di altri 11000 disoccupati? O piuttosto rendere le scuole più decorose per i nostri ragazzi? Noi crediamo di aver messo in campo un modello virtuoso, una buona pratica.

Nessun bluff, inoltre, perché il Presidente Renzi e i vertici del MIUR, fin dalle prime conferenza stampa, hanno sempre illustrato i diversi filoni in cui si articola il grande Piano del Governo sull’edilizia scolastica, di cui #scuolebelle rappresenta solo una parte. Ci sono anche il filone #scuolesicure (per un valore di 150 milioni di euro per il 2014 e 400 per il 2015), #scuolenuove (per un valore di 122 milioni di euro per il 2014 e 122 per il 2015), sono in arrivo, in attuazione di una norma del governo Letta, mutui agevolati con BEI che svilupperanno un investimento per 800/900milioni di euro nel 2015 e 2016, c’è l’attuazione dei fondi immobiliari, strumento tutto nuovo per l’edilizia scolastica, per un importo di 36,5 milioni di euro per il 2014.

Ultimo punto ma non meno importante: i soldi per le #scuolebelle non sono stati distribuiti a pioggia, senza nessun bando, nessun criterio o censimento delle scuole che ne avevano bisogno. Al giornalista è stato illustrato nel dettaglio il contenuto del Dm del 15 luglio 2014, che prevede i seguenti criteri di riparto: un solo intervento per plesso con un valore minimo di 7.000 euro (ovviamente se una scuola ha più plessi aumentano gli importi e si può arrivare a cifre molto significative); priorità alle sedi scolastiche ed educative del primo ciclo di istruzione; priorità ai plessi scolastici con un maggior valore rapporti alunni per classe.

Una volta ottenuta con apposito algoritmo, una graduatoria oggettiva e trasparente (da subito pubblicata sui siti della PCM e del MIUR), il lavoro sul territorio degli Uffici scolastici regionali, in collaborazione con i dirigenti scolastici, ha portato all’esclusione, su richiesta del presidi, di quelle scuole che non avessero esigenze di manutenzione, per poter scorrere la graduatoria verso altre. Al riguardo, va detto pubblicamente che le scuole che hanno rinunciato sull’intero territorio nazionale sono state circa 60 (plessi) su un pacchetto di più di 7.700 interventi (plessi) per il 2014. Non è questo il segnale della grande necessità di lavori di manutenzione nelle scuole?

Anche Mariangela Bastico, ex viceministro dell’Istruzione, interviene netta e recisa sulla spinosa questione: “Quando ero vice Ministro alla Pubblica Istruzione nel Governo Prodi gli LSU erano destinati alle pulizie delle scuole ed erano in continua riduzione. Poi con il Governo Berlusconi il Ministro Gelmini ha deciso di appaltare ad imprese esterne le pulizie. Ora sarebbe importante sapere quanti sono ancora gli LSU in carico al sistema scolastico, di quanto sono diminuiti, quanti hanno trovato lavoro, sono andati in pensione o sono stati destinati ad altri settori.

Quando il Governo ha presentato “Scuole belle” ho commentato negativamente l’eccesso inusitato di centralismo del progetto, ma, dato che venivano destinate risorse nuove all’edilizia scolastica, non potevo che esprimere una qualche soddisfazione. Ora comprendo la ragione del centralismo, in quanto gli LSU sono sempre stati a bilancio dello Stato e non degli Enti locali”.

Resta il fatto che, come sottolinea il giornalista Lorenzo Vendemiale nella sua replica al Miur,”il primo, fondamentale criterio di ripartizione dei fondi sia stato il numero di lavoratori presenti nelle province. Se l’iniziativa fosse stata concepita davvero in funzione delle scuole del nostro Paese, quei soldi sarebbero stati distribuiti e utilizzati in maniera diversa. E probabilmente migliore”.
Non esattamente un bluff, dunque, ma prendere due piccioni con una fava. E’ proprio il caso di dirlo. Scuole belle, signori, bellissime. E lavoro, tanto lavoro per gli LSU.

Sull’edilizia scolastica guarda la vignetta di Davide Ceccon (clicca qui)

Silvana La Porta

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