Il momento più delicato per un adolescente è il passaggio dalla secondaria di primo grado a quella di secondo grado proprio perché dalla scelta dell’indirizzo di studio dipenderà il suo futuro sia lavorativo e sia sociale.
A giorni, tra gennaio e febbraio, inoltre si aprono le preiscrizioni e a parte le diverse pubblicità che si fanno le scuole per attirare alunni, tra saloni dell’orientamento e spot multimediali con incontri più o meno proficui coi futuri docenti, l’ultimo rapporto del Censis conferma che i ragazzi scelgono sempre più percorsi di formazione tecnica, mentre un’impresa su 4, il 22,4%, non riesce a trovare qualifiche tecniche di alta specializzazione. Ma quando queste specializzazioni ci sono e sono soprattutto reperibili sul mercato riescono a coprire circa centomila nuovi posti di lavoro.
Se dunque le iscrizioni nei licei hanno fatto registrare, lo scorso anno, un calo dell’1,9% sul totale degli studenti, l’istruzione tecnica e professionale è stata scelta da più di uno studente su due, pari cioè al 53,4%, contrariamente a quanto è avvenuto negli ultimi 10 anni, allorchè gli istituti tecnici e professionali avevano perso oltre centomila alunni.
Fin’oltre il 2007 infatti l’idea comune era quella della preparazione ad ampio spettro di interesse e di conoscenze, perchè basata sul principio della flessibilità lavorativa, per cui lo studente neo diplomato avrebbe dovuto essere pronto ad adeguarsi a qualsiasi tipologia di lavoro o di impiego.
La scelta quindi liceale appariva la migliore per questo motivo, anche se nella maggioranza dei casi significava pure una sorta di successiva scelta obbligata per l’università che era agognata pure come prospettiva di promozione sociale.
L’emergenza occupazione di questi anni con ogni probabilità è stata decisiva nel convincere molte famiglie del valore pratico ed utilitaristico dell’istruzione e di una preparazione che aprisse subito le porte del mercato del lavoro piuttosto che attendere improbabili, anche se forse più gratificanti, lavori futuri.
Secondo l’Unioncamere che ha curato con il ministero del Lavoro uno studio sulle tendenze del mercato, riferisce Il Messaggero, le 407mila assunzioni già programmate dalle imprese riguarderanno circa 166mila diplomati (il 40,9%), 50mila qualifiche professionali (il 12,3%) e circa 132mila persone prive di titolo di studio specifico (il 32,3%), mentre la restante parte (il 14,5%) i laureati.
Ragionieri, meccanici e specializzati nell’indirizzo turistico-alberghiero i diplomi più richiesti.
Per gli indirizzi amministrativo-commerciale, infatti, si prevedono quasi 40mila posti di lavoro (messi a disposizione dalle imprese).
Mentre per il meccanico più di 15mila e per il turistico-alberghiero oltre 9mila. Rispetto a 2011, in salita è l’indirizzo socio-sanitario (con quasi 7mila assunzioni), a scapito degli informatici e degli elettrotecnici.
Riguardo alle qualifiche professionali: l’indirizzo turistico-alberghiero è in testa con la previsione di oltre 10mila assunzioni. A seguire l’indirizzo socio sanitario (circa 8.500 posti di lavoro), il meccanico (7.600 assunzioni) e quello edile (5.500 opportunità).
Ma c’è un’altra realtà che si sta facendo strada. E’ quella dell’artigianato che ritorna. In un anno, sono aumentati di 50mila gli iscritti alla formazione professionale organizzata dalle Regioni. C’è richiesta di sarti, calzolai, ebanisti, intagliatori di legno. Le imprese artigiane crescono nonostante la crisi (2% in un anno) con novità nella green economy e attenzione al mondo delle griffe. Si risponde alla crisi anche tornando all’antico.
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